ARTICOLI 2008 - 2° SEM - Pietro Verri - Cesare Beccaria
Verso la Nuova Manifestazione Storica
Personaggi illustri a Gessate
Numero 4-2008
Prosegue il percorso di avvicinamento alla nuova Manifestazione Storica parlando di due personaggi illustri legati a Gessate, Pietro Verri e Cesare Beccaria, le cui esistenze appaiono inscindibili, che hanno profondamente inciso sull’evoluzione del pensiero dalla seconda metà del settecento. Le vicende si stagliano in Lombardia, a Milano e dintorni, con estensioni europee.
La fonte principale delle notizie è il libro della Boneschi “Quel che il cuore sapeva”, edito Mondadori nella collana degli Oscar, inoltre cito l’edizione de “Dei delitti e delle pene” della collana ET Classici Einaudi con un’ampia raccolta di lettere e documenti a cura di Franco Venturi. Per chi volesse saperne di più propongo di acquistare “Otto lettere inedite di Alessandro Verri a Pietro Verri” a cura di Luca Frassineti, edizioni ETS, e anche “Attualità dell’Illuminismo milanese: Pietro Verri e Cesare Beccaria” di Gianfranco Dioguardi, Sellerio Editore Palermo. Sono tutti volumi acquistabili alla libreria Hoepli di Milano, non costosi.
Pietro Verri (cronologia)
14 febbraio 1728 – Il conte Gabriele Verri, padre di Pietro, e la contessina Barbara Dati della Somaglia si sposano. Il matrimonio è naturalmente combinato ma sembra che i due fidanzati si piacciano. Lui ha 33 anni, lei 20.
12 dicembre 1728 – Nasce Pietro Verri, primogenito di una nidiata di undici figli, di cui otto sopravvissuti (e purtroppo molte sono femmine). La situazione è la seguente:
1732 – Nasce Anna Clara che diventerà monaca.
1733 – Nasce Teresa Maria che sposerà il nobile Ottavio Castiglioni.
1736 – Nasce Francesca Maria che sposerà certo Auricledo Vimercati.
1740 – Nasce Girolama Antonia che andrà suora.
1741 – Nasce Alessandro, che diventerà avvocato.
1743 – Nasce Carlo, e per lui è programmata la carriera ecclesiastica.
1745 – Nasce Giovanni, e per lui è previsto il cavalierato di Malta.
1733 – A cinque anni, Pietro si ammala di vaiolo ma guarisce.
1735-1745 – Per circa 10 anni Pietro non fa che cambiare insegnanti e istituti, nei quali viene trattato da ribelle fannullone piuttosto che da allievo. Subisce ogni tipo di angherie, anche perché spesso è il padre a richiedere un trattamento severo per “raddrizzarlo”
20 ottobre 1746 – A 18 anni entra nel collegio dei nobili di Parma, dove sta per arrivare Cesare Beccaria (a 8 anni circa). Qui trova un ambiente adatto alla sua intelligenza e al suo carattere: si guadagna il riconoscimento di “Principe dell’accademia”.
14 agosto 1749 – Torna a Milano. Parte con la famiglia per la vacanza estiva a Biassono. Medita: è abbastanza colto, primogenito, erede del patrimonio, futuro capo della famiglia. Suo padre Gabriele però è un tiranno, pretende sottomissione. Ma Pietro è tenace, caparbio, reattivo, forte dei nuovi principi.
1752-1753 ? – Partecipa all’Accademia dei Trasformati dove pronuncia un discorso ’illuminato’ dal titolo “La filosofia alla moda”.
1752-1757 ? – Pietro Verri si innamora e frequenta per circa quattro anni la duchessa Maria Vittoria Ottoboni Boncompagni, una gentildonna romana sposata ventenne nel 1741 al duca Gabrio Serbelloni, “non bella, ma generosa, colta e socievole”.
1758 – Maria Vittoria si innamora ben presto di un cugino e lascia bruscamente Pietro, il quale, dapprima è sconsolato, poi si riprende e si immerge negli studi. Poco dopo Pietro si invaghisce di un’altra dama: la contessa Barbara Corbelli, 20 anni, sposa dell’aristocratico Francesco D’Adda di Sale.
1758 – All’Accademia dei Trasformati, Pietro Verri (30 anni) e Cesare Beccaria (20 anni, appena rientrato da Pavia dopo la laurea in giurisprudenza) si conoscono, stringono amicizia, condividono ideali. Sono fortemente critici verso i padri. Ne fa parte anche Giuseppe Parini (29 anni).
1759 – Pietro Verri non ha le idee chiare sul suo futuro. Decide di intraprendere una nuova via arruolandosi nel reggimento del marchese Clerici.
5 maggio 1759 – Pietro Verri (mentre Barbara Corbelli è incinta) lascia la Lombardia alla volta di Vienna per prendere parte alla ‘guerra dei sette anni’ scoppiata nel ’56 tra Austria e Francia da una parte e Prussia e Inghilterra dall’altra per il possesso delle Slesia. A Vienna conosce il pittoresco e intelligentissimo consigliere di Maria Teresa, Kaunitz von Rietberg.
14 luglio 1759 – Il capitano Verri si dirige verso il fronte in Lusazia. Qui entra in contatto con il vero ambiente militare, giudica tattiche e strategie, visita la città di Dresda, assiste al culto calvinista che apprezza per la sobrietà, partecipa a qualche scaramuccia. Apprende che il 6 agosto a Milano è morta la sua adorata Barbara Corbelli per le conseguenze del parto. È disperato, non sa darsi pace.
7 marzo 1760 – Pietro Verri è ricevuto da Maria Teresa, viene ammesso a corte col compito di gran ciambellano. Qui ha modo di conoscere più da vicino la sovrana che ammira per la spiccata vitalità: “una bella e fresca signora di 42 anni, che sebbene corpulenta, balla svelta”.
14 gennaio 1761 – Pietro Verri ha finito di partecipare alla Guerra dei sette anni. Torna a Milano dove trova l’amico Cesare Beccaria agli arresti domiciliari (perché pretende di sposare Teresa De Blasco). Nel frattempo i Verri hanno acquistato un palazzo signorile di tre piani nella contrada del Monte di santa Teresa (dal 1808 prenderà il nome di Montenapoleone).
1761 – Primavera-estate. Pietro Verri scrive “Sul tributo del sale nello stato di Milano” in cui denuncia miopia della giurisprudenza e invoca la riforma fiscale. L’opera viene spedita a Firmian (plenipotenziario austriaco a Milano). Nulla.
1761 novembre – Pietro finisce la prima parte di “Considerazioni sul commercio”. Si descrive il declino dell’economia lombarda durante i 172 anni di dominazione spagnola. Proposta: sfoltire le leggi, limitare il potere ai giuristi, incoraggiare le manifatture, ridurre le tasse, liberalizzare il commercio, abolire le corporazioni. L’opera viene presentata a Firmian. Freddo e gelo.
19 maggio 1762 – Pietro Verri è l’ideatore della “commedia a sorpresa” attraverso la cui recita Cesare Beccaria e Teresa De Blasco ottengono dal padre la riammissione in famiglia (Pietro ha 34 anni, un carattere energico, adora il teatro e in particolare la commedia, che per lui rappresenta l’espressione massima, in chiave artistica, della realtà della vita).
1762 inverno-primavera – Pietro e Alessandro Verri danno vita alla Accademia dei Pugni. Vi partecipano molti intellettuali lombardi dell’epoca, tra i quali Cesare Beccaria, Luigi Lambertenghi, Giuseppe Visconti di Saliceto, Giambattista Biffi. In seguito si aggiungeranno l’abate Alfonso Longo e il barnabita Paolo Frisi. Il luogo di ritrovo è la stanza della stufa a pianterreno di casa Verri.
1763 - maggio – Fine della terza parte di “Considerazioni sul commercio”. L’intera opera viene inviata a Vienna a Luigi Giusti, capo del dipartimento d’Italia, con richiesta di inoltrarla al cancelliere Kaunitz.
1763 estate – Pietro scrive “Meditazioni sulla felicità”, uno schema filosofico alquanto impegnativo sull’analisi della felicità: la sua dimensione, la provenienza, le effettività determinate su di essa dalla legislatura e dalla società.
1763 estate – Scrive anche “Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese”, una satira sulla resistenza di Milano all’innovazione.
9 gennaio 1764 – Pietro Verri è convocato da Firmian. Verrà istituita una “giunta per la rettifica delle leggi della Ferma”, di cui anche lui farà parte.
20 novembre 1764 – Viene istituito il Supremo consiglio dell’economia con il compito di proporre riforme fiscali. Pietro Verri è uno dei 9 consiglieri.
1765 – Verri, Beccaria e i loro amici leggono, scrivono, discutono, lanciano idee. Pietro, attivo e curioso, frequenta la casa Beccaria di Brera, tiene un occhio vigile e tenero su Giulia, la bambina che ha contribuito a sottrarre alla miseria e all’isolamento.
1766 – Pietro Verri viene incaricato dal marchese padre Giovanni Saverio Beccaria di negoziare il matrimonio della figlia diciannovenne Maddalena. Pietro, che frequenta assiduamente la casa di via Brera è un po’ innamorato della ragazza. Vorrebbe sposarla lui. Si confida con l’amico Cesare ma questi lo sconsiglia: afferma che la sorella ha un carattere scostante. Allora Pietro desiste. Pensa che tutto sommato, per intrattenere una relazione non è necessario un matrimonio, anzi da amante si hanno meno guai. Dunque preferisce restare libero e corteggiare Maddalena. Accetta di condurre la trattativa e la conclude.
12 maggio 1766 – Maddalena Beccaria sposa il cavaliere Giulio Cesare Isimbardi.
1766 ottobre-dicembre – Sulle ali del successo di “Dei delitti e delle pene”, il riluttante Cesare Beccaria (con Alessandro Verri) intraprende un viaggio a Parigi per incontrare i filosofi francesi. Pietro Verri tiene una stretta corrispondenza con entrambi al fine di incoraggiare Cesare a portare a termine la missione, cosa che purtroppo non accade. Si incrina l’amicizia tra i due.
1767 gennaio – Pietro fa una dichiarazione d’amore a Maddalena Beccaria ma lei è titubante, nonostante detesti il marito burbero e violento.
1767 giugno – Pietro finalmente è ricambiato da Maddalena Beccaria.
1768 – La relazione tra Pietro Verri e Maddalena Beccaria prosegue “fedelissimamente”.
1769 – I rapporti tra Cesare Beccaria e Pietro Verri si deteriorano ulteriormente. Pietro è invidioso della cattedra di Cesare alle Scuole Palatine. Cesare rinfaccia a Pietro di voler divulgare la notizia che sia lui il vero autore de “Dei delitti e delle pene”.
1773 – Pietro ha 45 anni, varie avventure alle spalle, una posizione pubblica, ma nessun affetto veramente suo. Vorrebbe crearsi una famiglia vera. C’è una persona in casa Verri che ispira Pietro. È la nipote Marietta, orfana dall’età di sette anni della sorella Teresa Verri e di Ottavio Castiglioni. Ha trascorso nove anni in collegio, poi è stata accolta in casa Verri. È carina, gentile, mite, ha diciannove anni. È sorvegliata a vista dalla nonna Barbara. Pietro non può nemmeno avvicinarla.
1774 – Pietro controlla a distanza l’ex amico Cesare. Già dai primi di quell’anno, quando le condizioni di salute di Teresa de Blasco non davano più speranze, nota che Cesare è a caccia di una moglie. Così scrive di Cesare al fratello Alessandro a Roma: “Bel tempo per cercare una moglie, caro Sandrino”.
1775 – Riguardo alle mire sulla cugina Marietta, Pietro all’inizio è sconsigliato dal fratello Alessandro col quale si confida. Pietro è dibattuto, ma alla fine non sa resistere alla dolce attrazione. Si decide prima a congedare Maddalena Isimbardi di cui, dopo nove anni, è ancora cavalier servente. Poi, con cautela vuole ammorbidire l’ambiente familiare che ovviamente è ostile al progetto.
21 febbraio 1776 – Superati tutti gli ostacoli, Pietro e Marietta si sposano nella cappella dei marchesi Corbelli.
2 marzo 1777 – Marietta partorisce Maria Teresa. Pietro Verri, secondo i più moderni dettami, annuncia: niente fasciature strette, niente crudeltà per soffocare i pianti, niente balia di campagna. Ricorda che la moderna medicina afferma che il latte materno è più sicuro. Pietro racconta di aver assistito sua moglie durante il parto. Naturalmente le critiche si sprecano, ma lui tira dritto e commenta: “il bene senza i latrati della invidiosa ignoranza non si è mai fatto”.
29 giugno 1778 – Marietta partorisce Alessandro, che è fragile e malaticcio, e muore all’età di un anno, esattamente il 28 giugno del 1779.
3 agosto 1778 – È il giorno dell’inaugurazione del nuovo teatro alla Scala. I Verri e i Beccaria condividono un palco. Le rispettive mogli Marietta e Anna diventano amiche. È un segnale di riavvicinamento tra le famiglie. “Cesare è ingrassato a dismisura” - riporta il Verri.
1779 inizi – Marietta si ammala. I medici non capiscono. Si tratta di tubercolosi. Pietro spende ogni energia per lei.
1780 – Un gruppo di spensierati cadetti usa riunirsi da qualche tempo nelle stanze al piano terreno del palazzo Verri di contrada Monte san Michele. Pietro Verri giudica gli incontri frivoli e chiassosi (solo un tentativo di parodia del “Caffè”). Le riunioni sono animate da Giovanni Verri, Giuseppe Gorani, e da diversi rampolli della Milano bene: i ragazzi della famiglia Arese, le ragazze Incisa, le sorelle Imbonati, e dall’autunno 1780, anche Giulia Beccaria, appena uscita dal convento.
27 maggio 1781 – Marietta muore. Pietro le è stato vicino fino all’ultimo confortandola con ogni delicatezza.
1781 fine – Pietro scopre una clamorosa trama ordita nei suoi confronti dall’astioso padre e nemico Gabriele e dallo zio Antonio: vogliono intarsiare il quadro familiare ammogliando il cadetto Giovanni e dirottare su di lui il patrimonio del casato escludendone Pietro (danno per scontato che non avrà figli maschi). Per parare questo colpo Pietro progetta di riprendere moglie al più presto.
13 luglio 1782 – Seconde nozze per Pietro. Con l’ausilio della marchesa Maria Corbelli (madre di quella Barbara Corbelli d’Adda che era morta durante la partecipazione di Pietro alla guerra dei sette anni), viene individuata la ventenne Vincenza Melzi d’Eril, attualmente in convento. Pietro la va a trovare. Si piacciono e si sposano.
1782 – Contemporaneamente alle proprie nozze, Pietro Verri si impegna nella trattativa per il matrimonio di Giulia Beccaria con Pietro Manzoni (che viene celebrato il 20 ottobre).
Conoscendo bene l’esuberanza di Giulia e l’ipocrisia dei tempi, Pietro reputa preferibile darle copertura consegnandola a un nobile maturo, permissivo e moderato (e onesto, come si vedrà), piuttosto che lasciarla indifesa, nubile e innamorata di uno spiantato cadetto (Giovanni Verri), che comunque potrà sempre continuare a vedere.
12 settembre 1782 – Muore Gabriele Verri. La successione non favorisce Pietro, perché viene divisa tra i quattro maschi. Si scatena una guerra tra fratelli (Giovanni è a Milano, Carlo è a Venezia per studiare la pittura veneta, Alessandro studia letteratura a Roma ancorato alla moglie Margherita).
6 gennaio 1784 – Muore lo zio Antonio Verri, che inaspettatamente lascia tutto a Pietro (che ha 56 anni). Pietro dedica ogni cura alla prima figlia Teresa (a sette anni legge, scrive, conosce italiano, francese, tedesco).
3 marzo 1784 – Nasce Anna Maria, prima figlia di Pietro e Vincenza.
1786 – Pietro Verri trova sempre meno spazio nella carriera politica. Non rientra nel nuovo governo della città. Viene congedato con una modesta pensione perché gli mancano pochi mesi al venticinquesimo anno di anzianità. È afflitto anche dalla sordità che avanza. Nella casa di Monte san Michele rimangono lui, Vincenza e una figliolanza in aumento.
1787-1794 – Nascono nell’ordine Paolina, Ippolita, Antonia, Barbara, Fulvia, Luigia.
6 maggio 1796 – Pietro Verri assiste al passaggio del ciclone napoleonico e sentenzia: “ Tra pochi anni l’Italia sarà una famiglia sola probabilmente”.
20 luglio 1796 – Finalmente nasce l’erede maschio, Gabriele, a consolare Pietro dalle delusioni della politica.
1797 – Con attenzione e interesse, nonostante gli acciacchi, assiste al formarsi della Repubblica cisalpina.
25 giugno 1797 – Viene invitato a pranzo di corte a Mombello dal generale Buonaparte che rende onore ai suoi meriti di politico e filosofo.
28 giugno 1797 – Durante una pausa tra le sedute della municipalità nel palazzo del Broletto si sente male e non riesce a riprendersi. Muore, a 69 anni, tra le braccia della moglie Vincenza, chiamata con urgenza. Fino all’ultimo è stato franco, fermo e deciso, sempre animato da nobili principi.
La crisi è dei forti
Uno dei momenti di profonda crisi di Pietro Verri (ne vivrà altri) è quando nel gennaio 1761 deve tornare a Milano dopo aver partecipato (per un anno e otto mesi circa) alla cosiddetta guerra dei sette anni. Gli sembra d’essere duro di cuore, ma questa sua “virtù” è contraria alla aspettativa che ha di se stesso. Teme di aver acquisito tale eredità dalla famiglia e di non poter disfarsene come invece vorrebbe. È severo con se stesso, ma è anche in crisi con se stesso. È circondato da un mondo che vorrebbe rivoltare, e da cui finora non è stato accettato. Gli altri gli chiedono (a Milano) cose insulse, banali. Vorrebbe invece stupire il mondo con le sue idee rivoluzionarie sia economiche, sia morali, ma non è facile: perché mancano le condizioni, che forse si creeranno, anche a breve, – come sembra a tratti suggerirgli l’intuito, – ma è ancora presto, occorre aspettare. Ciononostante, con la sua decisione riesce a trascinarsi avanti, a non fermarsi, a non soccombere. Questa è la situazione di Pietro alla fine dell’esperienza austriaca di guerra e di corte. Sa che a Milano lo aspettano le “solite seccature domestiche”, i soliti pregiudizi mondani.
Effetti benefici della “commedia”
19 maggio 1762 – È il giorno della Commedia a sorpresa. A ben vedere, gli effetti provocati da questa vicenda sui destini della discendenza di Cesare Beccaria sono enormi: si pensi alla collocazione nobiliare della nascitura Giulia Beccaria, alla sua introduzione nei salotti dei Verri, al suo futuro amore per Giovanni Verri, al concepimento di Alessandro Manzoni, al matrimonio forzato con Pietro Manzoni, alla relazione con l’Imbonati, all’esistenza stessa del Manzoni mirabilmente pilotata dalla madre. Si può ben dire che Pietro Verri è l’artefice dei destini dei Beccaria.
Gabriele e Barbara Verri: genitori litigiosi e intolleranti
L’aria che tira in casa Verri è di intransigenza e ignoranza. Niente affetto, solo durezza e rimproveri. “Per i genitori dell’epoca non è importante instaurare confidenza quanto imporre autorità e allontanare i figli dal male che è in loro. Un capriccio infantile non è sintomo di disagio ma prova della presenza di satana nella piccola anima indifesa in pericolo”. Con gli anni cresce l’accanimento dei genitori contro i figli che devono essere educati secondo tradizione. Pietro dirà del padre: “Il solo principio predominante in lui è un timore pusillanime. Perciò egli diventa schiavo di chi ardisce comandargli, così lo è della moglie e del fratello”. Della madre afferma che “è un carattere duro, violento e nemico del riposo. La sua smania è dominare e distinguersi”.
Il primo amore di Pietro
La duchessa Maria Vittoria Ottoboni è il primo amore serio per Pietro. Il padre Gabriele teme che Pietro venga distolto dalla carriera. Perciò, incitato dall’ignorante moglie Barbara, tenta in tutti i modi di convincerlo a interrompere la relazione, ma senza successo. Gabriele si appella allora al governatore Gianluca Pallavicini, per il quale prepara un memoriale, nell’intento di far rinchiudere Pietro al Castello. La duchessa Maria Vittoria si infastidisce per l’intrusione: occorre tener conto che è la nipote di Papa Benedetto XIV, nonché moglie del duca Serbelloni. Uno scandalo danneggerebbe tutti. Gabriele Verri desiste e tiene il memoriale nel cassetto. Pietro e Maria Vittoria vincono la partita e continuano la relazione.
La Milano dei “lumi”
Dagli inizi degli anni sessanta Pietro e Alessandro Verri, Cesare Beccaria e i loro amici sentono che l’ambiente nel quale sono cresciuti è “soffocante, irrespirabile, artificioso”. Importanti innovazioni vengono via via introdotte come l’entrata in vigore del nuovo catasto. Si discute su come modificare il sistema giudiziario, il sistema scolastico, si pensa di smantellare le corporazioni di arti e mestieri, di cambiare le regole del commercio. Inizia il dibattito sulla questione femminile. Il problema sta nel fatto che le donne non ricevono adeguata istruzione. Non bisogna dimenticare che la “Signora dei Lombardi” è Maria Teresa d’Austria, donna che possiede grandi doti e virtù. La società va resa più libera e laica.
La sfida infinita tra Pietro e Gabriele
Nel 1772 la lotta incessante tra Pietro Verri e il padre Gabriele sembra volgere a favore del primo, il quale scrive orgoglioso al fratello Alessandro: “ Egli è dimenticato dalla Corte, dal Ministero, il mio rango è uguale al suo, anch’io nel diploma sono ‘magnifico’, quanto è ‘magnifico’ lui, Egli ha 13 mila lire, io 14 mila di stipendio; io sono invitato a Corte, egli non lo è”.
Walter Visconti
Cesare Beccaria (cronologia)
15 marzo 1738 – Nasce Cesare Beccaria nel palazzo di via Brera 6, da Giulio Saverio, burbero ma buono, e da Maria Visconti, donna mite e servizievole.
1740 – Entra in casa Beccaria l’eredità di un prozio, Cesare Bonesana, che porta diversi beni immobili ma anche molti debiti, e un vitalizio di 12000 lire annue per la vedova Caterina che si dimostrerà più longeva del previsto.
1746 – Cesare, a 8 anni, entra nel collegio dei Nobili di Parma, una delle istituzioni più rinomate per la formazione dei giovani maschi.
1754 – Il “Piccolo Newton”, a 16 anni, si diploma a Parma. Entra nell’università di Pavia per studiare giurisprudenza.
12 settembre 1758 – Cesare Beccaria si laurea all’università di Pavia.
1758 – Tornato a Milano prende parte all’Accademia dei “trasformati”, un’istituzione sostenuta da Giuseppe Maria Imbonati, uno dei più ricchi patrizi di Milano. Qui conosce Pietro Verri e Giuseppe Parini, un insegnante brianzolo, borghese.
1760-1761 – Sono anni importanti per le idee e per i sentimenti di Cesare, che “Abbraccia con foga quelle ‘nuove idee’ considerate dagli anziani un verme corruttore della gioventù, mentre a lui trasmettono l’effetto vivificante di un soffio d’aria nuova”.
1760 – Nell’estate Cesare Beccaria e Teresa De Blasco si incontrano a Milano in casa del maestro di cappella Monzino, dove sono entrambi invitati a un’accademia musicale.
1760 – In autunno la famiglia Beccaria è a Gessate dove possiede fondi, poderi e villa, e i De Blasco sono ospiti di amici a Gorgonzola. Cesare e Teresa si rivedono dunque in campagna. Sboccia un tenero amore tra i due (si vedono di nascosto nelle “strade rimote” tra Gessate e Gorgonzola, si scambiano biglietti, si promettono eterno amore). Il coriaceo marchese Giovanni Saverio Beccaria, padre di Cesare, non ne vuole sapere.
1760 – A fine novembre Giovanni Saverio chiede al duca Francesco III d’Este, governatore del ducato di Milano, di intervenire (i figli che non rispettano le ingiunzioni dei padri possono essere privati della libertà). Cesare viene praticamente consegnato in casa.
14 gennaio 1761 – Pietro Verri torna a Milano reduce dalla guerra dei sette anni e va a trovare Cesare agli arresti domiciliari.
4 febbraio 1761 – Cesare scrive al padre di voler fermamente sposare Teresa. É pronto a sopportare ogni conseguenza.
20 febbraio 1761– Cesare viene liberato. Giovanni Saverio è adiratissimo. I De Blasco sono soddisfatti. Il contratto di matrimonio viene firmato.
22 febbraio 1761 – Viene celebrato il matrimonio tra Cesare e Teresa. Vanno a vivere in affitto in un appartamento di contrada Rovello a Milano. “Da primogenito di buona famiglia con pochi doveri e molti diritti, diventa uno spiantato ai margini della società”.
1761 – Pietro e Alessandro Verri fondano l'Accademia dei Pugni.
1761 – Estate. La giovane coppia è oppressa dai debiti, vive in povertà. L’unico a frequentarla con regolarità è Pietro Verri. Occorre trovare una soluzione.
1762 – Marzo. Cesare Beccaria scrive a Karl Joseph Firmian, influente politico e referente di Vienna, per presentargli l’opera “Del disordine e de’ rimedi delle monete nello stato di Milano nel 1762” (c’è una crisi monetaria in atto da fronteggiare non con la repressione, secondo il Beccaria, ma con una riforma). L’iniziativa viene osteggiata dai nobili. Da Firmian nessuna risposta. Nel frattempo un figlio sta per nascere dalla coppia. Due mesi dopo sarà Pietro Verri a trovare la soluzione, ispirato dalle battute delle commedie goldoniane.
12 maggio 1762 – Cesare Beccaria e Teresa de Blasco si presentano all’improvviso davanti alla famiglia Beccaria riunita per il pranzo (a quell’epoca si pranzava verso le 4 del pomeriggio) inscenano una ”recita” con la quale implorano perdono e chiedono di essere riammessi in famiglia. Il tentativo ha successo. Avviene la clamorosa riabilitazione. Cesare con la moglie Teresa che attende la piccola Giulia, si stabiliscono nella casa paterna dove vivono in buona pace coi parenti.
1762 estate – Cesare legge a Pietro Verri “Il contratto sociale”, fresca opera di Jean Jaques Rosseau.
21 luglio 1762 – Nasce Giulia in un momento di serenità per la famiglia Beccaria, nel palazzo di via Brera 6, lo stesso dove era nato Cesare nel 1738.
1763 giugno – Teresa frequenta sempre più assiduamente la corte. Cesare è in crisi di indolenza. Il suo amore per Teresa si è affievolito. Tuttavia sente il risveglio di nuove idee in lui che lo appagano. Sta già scrivendo “Dei delitti e delle pene”.
1763 – Teresa è frivola e leggera. Spazia in società accompagnata assiduamente da Bartolomeo Calderara.
14 luglio 1764 – Arrivano a Milano le prime copie de “Dei delitti e delle pene”. L’opera era iniziata nel marzo del 1763 e si conclude nel gennaio del 1764. È ricopiata in bella copia da Pietro Verri, viene inviata in Toscana per essere stampata a Livorno. La prima edizione è anonima. La seconda è firmata e dedicata da Cesare all’amico filosofo Pietro Verri. Si compone di 47 capitoli. Circola in Toscana e Lombardia. “Questo è il primo libro che sia stato scritto in Italia a favore dell’umanità” - scrive Paolo Frisi a Gianrinaldo Carli il 1 gennaio 1765.
1764 inverno – Teresa de Blasco è corteggiata dal duca di York, figlio del re d’Inghilterra. Per un breve momento Pietro Verri stesso si invaghisce di lei, ma subito svanisce l’infatuazione, resta il rancore tra i due. Pietro inizia a detestarla.
1764 – Esce la rivista “Il caffè”, la voce dell’Accademia dei Pugni. È il momento più fertile della battaglia per accendere “i lumi” in Lombardia.
1766 – Nasce la secondogenita di Cesare, Maria, detta Marietta; è fragile di salute, forse con dei difetti congeniti. Viene praticamente “dimenticata” in casa - spiega la Boneschi,
1 ottobre 1766 – È il giorno della partenza alla volta di Parigi. Cesare Beccaria vi è stato chiamato a gran voce dai filosofi e pensatori francesi per discutere sui contenuti del suo libro. Pur riluttante e impaurito, spinto a forza dall’amico Verri, non può esimersi dall’intraprendere il viaggio. Pietro non lo segue perché è impegnato nella riforma della legge della Ferma, ma lo fa accompagnare dal fratello Alessandro, istruito a prestargli assistenza e conforto. Inizia una travagliata avventura bruscamente interrotta dopo circa di circa due mesi e mezzo, che purtroppo non sortirà gli effetti sperati.
16 dicembre 1766 – È il giorno del mesto rientro a Milano di Cesare Beccaria dalla trasferta parigina. Cesare, in preda ad angosce, pentimenti e paure, preoccupato e ingelosito per il comportamento lascivo di Teresa, decide alfine di sospendere la “missione”.
20 agosto 1767 – Nasce Giovanni Annibale Beccaria, che sopravvive solo pochi giorni. Secondo un calcolo di Pietro Verri, a cui nulla sfugge, il figlio non può che essere stato concepito da Teresa col Calderara durante il soggiorno parigino di Cesare. “La frivola Teresa ha punito Cesare per il suo distacco francese con una pena ‘non proporzionata’ osserverà ironico l’abate Ferdinando Galiani”.
1767 autunno – Cesare Beccaria declina definitivamente l’invito della zarina di Russia Caterina di recarsi a Mosca. Non vuole allontanarsi da Milano perché sa che si sta istituendo la cattedra di economia alle scuole Palatine (in concorrenza con l’università di Pavia).
1 novembre 1676 – Viene proposta a Cesare Beccaria la nomina di professore di “scienze camerali” alle scuole Palatine. Si insedia con un discorso molto apprezzato dal folto pubblico (compreso Firmian).
1769-1772 – Teresa de Blasco intensifica la sua presenza a corte. Offre i suoi favori con leggerezza, trascura sempre più le figlie. La tensione tra lei e Pietro Verri (che vigila su Giulia) aumenta. Pietro prova per lei sdegno profondo.
1772-1774 – Per la marchesina Teresa inizia un triste declino. È affetta da sifilide, malattia che la condurrà alla morte
14 marzo 1744 – Muore Teresa de Blasco. Negli ultimi giorni l’amato Calderara è al suo capezzale. Cesare è attonito, quasi incredulo. Nella sua mente scorrono i ricordi degli anni di passione. Tuttavia, “Teresa non ha mai avuto un pensiero per le figlie”. Cesare, in preda alla disperazione e allo sconforto, forse al rimorso, vuole consolare le figlie, soprattutto Giulia, alle quali promette che lascerà tutto ciò che era della madre.
22 marzo 1744 – Il Beccaria è presente assieme a Pietro Verri alla seduta del “Magistrato camerale”, un’istituzione della quale entrambi fanno parte. Si mostra “non solo tranquillo, ma brillante”. Cesare è già proiettato verso un nuovo matrimonio.
25 aprile 1744 – Cesare firma il nuovo contratto di matrimonio con Anna Barbò, 22 anni, figlia unica, che porta ricca dote. C’è una clausola importante: il padre Giovanni Saverio Beccaria abbandonerà l’amministrazione del patrimonio di famiglia lasciandola a Cesare. In pratica se ne occuperà la nuova marchesina Anna, alla quale non le mancano capacità e senso pratico.
4 giugno 1774 – Anna e Cesare si sposano quaranta giorni dopo la morte di Teresa. È una svolta nella vita di Cesare. Anna è civettuola, gli conferisce sicurezza. Le finanze di casa Beccaria migliorano, i debiti vengono risanati, si passa all’utile. Cesare abbandona gli studi. Si dedica agli affari personali (e all’agiatezza).
1774 o 1775 – Giulia Beccaria viene mandata nel collegio annesso al convento di San Paolo.
11 giugno 1775 – Nasce Giulio Beccaria, primogenito maschio di Cesare e Anna. Con la nascita dell’erede, la coppia vive in completa armonia.
1777 – Cesare “svende” la sua biblioteca. Ha chiuso un capitolo. Non è più malato di nervi. Il sogno del burbero padre Giovanni Saverio (che voleva per il figlio una moglie buona, brava e ricca) si è avverato quattordici anni dopo. Tutti sono contenti (tranne Giulia in collegio). Cesare Beccaria è un signore grosso e trasandato (definito da Vincenzo Monti). Pietro Verri rileva che Cesare “non è più abbracciabile”.
1777 – Viene approvata la Riforma monetaria in Lombardia, basata sui principi esposti dal Beccaria nel testo del 1762 che non aveva trovato spazio. PietroVerri riflette: “Gli scritti dei filosofi restano senza ricompensa ma non senza frutto”.
1778 – Cesare Beccaria entra far parte della Zecca e della commissione per la riforma delle monete. L’anno successivo è nominato conservatore del Tribunale di Sanità.
1779-1780 – Pietro sollecita Cesare a togliere Giulia (che ha 17 anni) dal convento. Occorre trovarle un marito. Ma Cesare non sa cosa fare. Da un lato vorrebbe che Giulia si accasasse. Da un altro lato non vuole impegnarsi nella ricerca di un marito. Lui non vorrebbe sborsare soldi. La taccagneria di Cesare è nota in tutta Milano.
14 maggio 1781 – Muore Giovanni Saverio Beccaria. Cesare rimane finalmente solo e ha mano libera su tutto (anche su come sistemare la figlia). Giulia probabilmente rientra in famiglia durante la villeggiatura a Gessate nell’autunno del 1781.
1786 – Prosegue la carriera di Cesare Beccaria nella riforma della giustizia. Entra nel Consiglio di Governo, proprio quando Pietro Verri viene mandato in pensione. In questo anno, il Granduca di toscana, Leopoldo, ispirandosi al Beccaria, abolisce la pena di morte.
19 gennaio 1788 – Muore Marietta Beccaria, la sorella minore di Giulia, rimasta sempre nascosta perché malaticcia, forse handicappata.
1789 – Cesare è nominato alla Giustizia. A Milano si compie il primo passo verso le riforme. Vengono istituiti tre gradi di giudizio.
1791 – Cesare entra nella Giunta per la revisione del sistema giudiziario civile e criminale e nella Commissione per la riforma del diritto penale.
1792-1793 – Cesare si dedica a studiare l’industria della seta lombarda e il sistema scolastico.
28 novembre 1794 – Cesare Beccaria, a 56 anni, dopo una lauta cena, si sente male e muore per un colpo apoplettico. Cesare Cantù, storico, letterato e patriota afferma: “Appena l’Europa si accorse che era un grand’uomo egli si tacque”.
Ma se vogliamo scegliere un tratto emblematico a ricordo del Beccaria, conviene rifarsi alla frase finale della prefazione del “suo libro” in cui il gran Cesare dice: “Me fortunato se potrò ottenere… i segreti ringraziamenti degli oscuri e pacifici padri della ragione, e se potrò inspirare quel dolce fremito con cui le anime sensibili rispondono a chi sostiene gl’interessi dell’umanità”.
Come nasce il libro “Dei delitti e delle pene”
Da una lettera del Beccaria a Gianbattista Biffi (è un Beccaria affranto e appassionato, non più innamorato di Teresa, bisognoso di aiuto, tuttavia sognatore e prolifico di idee – ha iniziato la stesura della sua opera dallo scorso marzo)
[Gessate, estate 1763]
Carissimo Scipione,
Le nuvole si sono dissipate, e la tranquillità e la calma sono succedute alle tempeste. La mia malinconia non procedeva che da queste due cagioni, le seccature che mi circondano, e il trovare il mio cuore vuoto da ogni passione. Il mio animo ha bisogno di un moto continuo che lo tenga in vigore, altrimenti la noia ed il dolore di vedermi avvilito e confuso nella folla degli spiriti comuni mi opprimono. Ma qual mezzo di sortire da questa letargia che mi tormenta se io non sono né ambizioso, né innamorato? … Così parmi di non esser più atto a concepir amore per alcuna persona. Quello che portavo alla mia stimabile compagna si è cambiato in una stima sincera, in una vera amicizia, ed in una tenerezza inesprimibile. Ma voi sapete, amico, che le passioni soddisfatte fanno perdere al loro oggetto quel bello d’imaginazione, e quella dolcissima illusione, che fa distingue l’amore dai bisogni naturali. T. P. Attico.
Da una lettera di Beccaria a ignoto (Si può intuire che Beccaria scrivesse parti del libro a Gessate e le spedisse man mano per posta al Verri per le correzioni).
[Gessate], 19 luglio [1763]
Cariss. Amico,
…Io non verrò a Milano più tardi di quindici giorni, e spero di aver di molto avanzato il mio libro sulle pene; credo che Verri vi farà vedere quanto gli scrivo. Amico C. B. B.
III
Da una lettera di Beccaria a Pietro Verri (La prima edizione del libro è già uscita nel luglio 1764. Beccaria collabora assiduamente col Verri, non può fare a meno delle revisioni accurate dell’amico, anzi auspica aggiunte e ritocchi)
Gessate, 13 dicembre 1764
… Eccoti le aggiunte e le correzioni che ho fatte finora, e che arrivano fino alla pagina 68; ve ne sono delle buone e delle mediocri, ma tutto insieme può passare… Ti prego di rivedere esattamente l’ortografia, e di leggere correzioni e confrontandole sempre col luogo indicato sul libro, e di osservare se tutto è spiegato chiaramente, perché lo stampatore non faccia dei disordini… Circa le correzioni del libro, ed al libro medesimo, togli, aggiungi, correggi liberamente, ché mi farai un gran servizio e piacere… Addio, conservami la tua preziosa amicizia.
IV
Lettera di Pietro Verri agli amici milanesi (nella quale il Verri svela come nacque l’idea del libro)
Milano, 1 novembre 1765
Prima di chiudere vi soddisferò sul proposito del libro”Dei delitti e delle pene”. Il libro è del marchese Beccaria. L’argomento gliel’ho dato io, e la maggior parte dei pensieri è il risultato delle conversazioni che giornalmente si tenevano tra fra Beccaria, Alessandro, Lambertenghi e me. Nella nostra società la sera la passiamo nella stanza medesima, ciascuno travagliando. Alessandro ha per le mani la “Storia d’Italia”, io i miei lavori economici-politici, altri legge, Beccaria si annoiava e annoiava gli altri. Per disperazione mi chiese un tema, io gli suggerii questo, conoscendo che per un uomo eloquente e d’imagini vivacissime era adatto appunto. Ma egli nulla sapeva dei nostri metodi criminali. Alessandro, che fu ‘protettore dei carcerati’, gli promise assistenza. Cominciò Beccaria a scrivere su dei pezzi di carta staccati delle idee, lo secondammo con entusiasmo, lo fomentammo tanto che scrisse una gran folla d’idee, il dopo pranzo si andava a passeggio, si parlava degli errori della giurisprudenza criminale, s’entrava in dispute, in questioni, e la sera egli scriveva; ma è tanto laborioso per lui scrivere, e gli costa tale sforzo che dopo un’ora cade e non può reggere. Ammassato che ebbe il materiale, io lo scrissi e si diede un ordine, e si formò un libro. Il punto stava, in una materia tanto irritabile, il pubblicare quest’opera senza guai. La trasmisi a Livorno al signor Aubert che aveva stampate le mie “Meditazioni sulla felicità”. Il manoscritto lo spedii in aprile anno scorso e da me se ne ricevette il primo esemplare in luglio 1764. In agosto era già spacciata la prima edizione senza che in Milano se ne avesse notizia, e questo era quello ch’io cercavo. Tre mesi dopo solamente il libro fu conosciuto in Milano, e dopo li applausi della Toscana e d’Italia nessuno osa dirne male. Eccovi soddisfatto. Vi abbraccio e sono.
“Dei delitti e delle pene”
Il libro è conciso, chiaro: un’opera che va in fretta. Subito vi si rimarca il fatto che la odierna giustizia è basata su avanzi di leggi di popoli antichi: tavole di Giustiniano, risalenti al sesto secolo, infarcite di riti longobardi, in più con l’aggiunta di oscure e private interpretazioni: ecco come è formata quella che il Beccaria chiama “tradizione di opinioni” che assume tuttavia il nome di ”leggi”.
Tutto è da rivoltare, da ripensare. Il concetto varato con precisione è: occorre distinguere tra “peccato” spirituale e “delitto” reale. Il delitto è un danno portato alla società, che deve essere risarcito. Dunque la pena va concepita come risarcimento equo, e non decretata su base emotiva.
Cesare Beccaria è lucido e sensibile: “la pena deve essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima possibile nelle date circostanze, proporzionata ai delitti, dettata dalle leggi”.
Beccaria attacca anche le leggi della famiglia sulla primogenitura (maschile) e sulla potestà del capofamiglia.
“Dei delitti e delle pene” è un’opera rivoluzionaria. Molti la leggono. Pochi, pochissimi non la conoscono. La Milano dei “benpensanti” è subito ostile all’opera e la nobiltà evita il Beccaria, lo tratta con distacco, tenta di isolarlo. D’altra parte il successo all’estero è strepitoso. Le traduzioni, specie quella francese, procurano apprezzamenti, discussioni e… inviti. L’eco in Europa è enorme. Cesare Beccaria rimane come abbacinato dalle conseguenze della sua opera. Ne è fiero ma anche impaurito. Sicuramente la sua indole, sostanzialmente debole, subisce un trauma irreversibile. Il suo carattere, già fragile, cambia, si affievolisce, cessa di emettere fulgore.
Il viaggio a Parigi
Sulla scia del successo de “Dei delitti e delle pene” i philosophes invitano Beccaria a Parigi. Pietro Verri è galvanizzato dall’idea di poter internazionalizzare l’illuminismo milanese. Cesare è timoroso, non vuole sconvolgere la sua esistenza. Pietro non lo può accompagnare perché è preso da impegni per la rettifica della legge della Ferma. Così sarà il più giovane Alessandro a seguire Cesare in trasferta. La riluttanza di Cesare si tramuta da subito (già a Novara) in un delirio misto a piagnisteo. Inizia a scrivere ripetutamente a Pietro per prepararlo al suo ritorno adducendo ragioni di salute fisica e di sentimento. Pietro, duro e fiero, lo incita a continuare il viaggio. Alle insistenze di rinuncia di Cesare finisce per stizzirsi. Ed è qui che si intacca il cordone dell’amicizia che unisce i due. Cesare è angosciato: sopravvive al solo pensiero di tornare. Per quanto riguarda Teresa, le scrive che per lei ha in serbo uno splendido dono francese… un vestito. Teresa gli risponde che anche lei è afflitta, ma più altro per il mal di denti del Calderara, così rimane sola coi suoi lugubri pensieri… In una successiva lettera Teresa gli annuncia che si recherà in campagna col Calderara, per distrarsi un poco, poiché i parenti sono in procinto di partire per la villeggiatura autunnale a Gessate. Poi raccomanda a Cesare di… farsi valere, e se possibile di… cercare qualche impiego. Cesare le risponde da Lione di baciare le sue carissime figliole, soprattutto Giulietta, che è in età di conoscerlo (ciò dimostra una certa tenerezza paterna nei confronti di Giulia).
A Parigi, l’atteggiamento di Cesare si contrae ancor più. Nel parlare della sua opera non evidenzia il sostegno di Pietro Verri, evita di menzionare il gruppo del “Caffè”. In un mese e mezzo di permanenza a Parigi gli omaggi all’autore Beccaria si susseguono con intensità, mentre l’obiettivo di allargare gli orizzonti filosofici ai pensatori milanesi fallisce. Ma ormai la decisione è presa. Cesare fa ritorno a Milano mentre Alessandro prosegue da solo per Londra.
Il Beccaria, anche se non prova per Teresa i sentimenti di un tempo, non tollera che abbia un cavalier servente, è eroso dalla gelosia, non sopporta il fatto di starle lontano, è tormentato dalla di lei malcelata indifferenza nei suoi confronti. Questa condizione, che lui stesso definisce “malattia incurabile”, è la causa principale dello “sviamento” del viaggio in terra francese.
Alla fine, Pietro Verri si consola: “Forse è un tratto di ottima politica il ritorno sollecito del Beccaria: non ha lasciato il tempo che si stancassero di lui”
Cesare segue la via del cuore
1762 – Quando il marchese Giovanni Saverio viene a sapere della relazione tra Cesare e Teresa va su tutte le furie poiché non la reputa conveniente: i De Blasco non sono nobili altolocati, non ricchissimi, la dote di Teresa non sarà copiosissima, e non potrà contribuire a sanare i debiti crescenti, Teresa sarà solo una dama in più da mantenere. Teresa propone a Cesare un matrimonio clandestino (il decreto “Tametsi” del Concilio di Trento prevede la validità di un’unione se viene pronunciata la formula in presenza di un prete e due testimoni). Qualcuno li dissuade. Cesare tergiversa, è dibattuto. In seguito sembra volerla lasciare. Alla fine ritorna sui suoi passi, decide di seguire la via del cuore e riprende il proposito di sposare Teresa.
Giulia contro Cesare
Giulia Beccaria, subito dopo la morte della sorellina Marietta avvenuta nel 1788, si propone di recuperare la parte di eredità della madre Teresa che le spetta, alla quale era stata costretta dal padre a rinunciare in occasione del matrimonio con Pietro Manzoni. Giulia chiede di sapere dove sono finiti i gioielli, gli abiti, gli oggetti della madre che il padre, disperato, aveva promesso di lasciare alle figlie. Cesare ora nega l’esistenza di quei beni. Giulia intenta una causa nei confronti del padre che dura cinque anni, fino al 1793, e si conclude con un compromesso che lascia tutti scontenti.
Nel 1795, dopo la morte di Cesare, il figlio diciannovenne Giulio (avuto dalla seconda moglie Anna Barbò), dichiarato emancipato, prende le redini della famiglia. Intende appianare le controversie lasciate in sospeso dal padre. Si deve quindi confrontare con Giulia che non intende rinunciare ai suoi diritti. Giulia compila un dettagliato promemoria in cui riassume fatti (promesse), pone quesiti (sulle sparizioni di beni della madre), elenca pretese (le spettanze). Giulia sa il fatto suo. Giulio è ragionevole, capisce che non v’è scopo di trascinare un litigio. Trova un’intesa con la sorellastra “corrispondente alla di lei condizione”. Giulia si sente finalmente risarcita.
La borsa stretta di Cesare
Nel 1782 Pietro Verri, su mandato di Cesare Beccaria, conduce le trattative per il contratto di matrimonio tra Giulia e Pietro Manzoni. Ma la scarsa disponibilità di Cesare per la dote di Giulia fa arenare i patteggiamenti. Pietro Manzoni non può abbassarsi a tanto. Cesare Beccaria escogita una soluzione truccata che va a danno della figlia: autorizza cioè Giulia a rinunciare alla sua parte di eredità della madre Teresa De Blasco, e non ancora fruita, a favore del padre. Solo a questa condizione Cesare apre un po’ di più la borsa aumentando la dote (che comunque poi pagherà solo in minima parte). E il contratto viene firmato.
La sera della cometa
La sera del 28 gennaio 1763, – registra puntualmente Pietro Verri, – accade che Teresa De Blasco si presenti a un ricevimento a corte nei saloni di Palazzo Ducale a Milano con in testa una splendente cuffia ornata di penne bianche, a forma di stella, proveniente da Parigi, confezionata da Madame Janneton. L’avvenimento crea scalpore. L’obiettivo di Teresa è quello di primeggiare: ha 18 anni, è sposata già da due, ha una figlia di 6 mesi, appartiene a una nobile famiglia, sfonda in società.
Walter Visconti