ARTICOLI 2008 - 2° SEM

Le Cascine di Gessate

Numero 5.2008

 

È inutile, credo, cercare documenti nuovi per approfondire un tema già ampiamente trattato nel volume “Gessate, un popolo e la sua storia” di Federico Bertini. Dunque ci limitiamo alla sua ripresa (in pratica al riassunto del capitolo sesto), sempre affascinante, per proporlo alla nuova popolazione che ha fatto superare di recente quota 8000. Voglio citare anche il volume “La cascina milanese” edito dal Comune di Milano (biblio di Melegnano) e “Cinquecento anni del naviglio Martesana” edito dalla Provincia (disponibile presso la nostra biblioteca).

Le prime cascine
Sin dal 1500, attorno al nucleo abitativo del “centro” di Gessate, si svilupparono vari insediamenti completamente staccati, denominati “cascine”. Alcune non esistono più e rimane solo il nome del luogo in cui sorsero. Altre, seppure ricostruite, conservano l’antica struttura.
Le prime cascine di Gessate risalgono alla prima metà del 1500. Una grave crisi demografica dalle cause molteplici (epidemie, guerre) investe Gessate verso la fine del 1400, che rischia addirittura di farla scomparire. Dalla seconda metà del 1500 si ha una rinascita probabilmente dovuta a investimenti in terreni da parte dei nuovi ricchi. Si registra una ripresa economica che dà inizio a un periodo di floridezza. Nasce la “nuova Gessate”. Gli insediamenti periferici permettono l’accesso diretto ai terreni da coltivare con nuove colture, più intensive e redditizie. Le cascine sono veri distaccamenti del paese, quasi completamente autonomi, dove vivono intere famiglie contadine. Comprendono case, stalle, fienili, aie, pozzi, orti, spesso forni, talvolta piccole chiese. Lo schema dell’edificio si sviluppa solitamente a forma rettangolare. Un’ampia entrata centrale immette nel cortile e divide la costruzione in due ali; una riservata alle stalle per gli animali, a seguire un porticato adibito a fienile, ricovero degli attrezzi, raccolta dei prodotti agricoli; l’altra ala comprende un’ampia stanza al piano terra con cucina e solaio al piano superiore al quale si accede con scala esterna, seguono poi varie stanze al piano terra e, sopra, le camere da letto a cui si accede con scala esterna separata. In questa ala si  trovano anche il pozzo, il forno, il pollaio. È possibile vi sia anche un locale con il torchio, e cantine dove si conserva il vino in botti o contenitori di ceramica. È spesso testimoniata l’esistenza di piccole cappelle, nonché di affreschi a carattere evangelico.

Storia cronologica

1457 – Il duca di Milano Francesco Sforza promuove la costruzione del naviglio della Martesana. Il naviglio è pensato inizialmente solo per irrigare. È costruito a tempo di record entro il 1463. Dal canale, attraverso numerose “bocche” vengono attinte acque per irrigare campi e tenute soprattutto verso sud (la pianura digradante verso la valle del Po). Tuttavia, è ricavata la Roggia Crosina a nord della Martesana che attraversa la parte sud del territorio di Gessate, permettendo l’irrigazione dei terreni e quindi colture più intensive.
1471 – La Martesana è già in funzione e determina un incremento delle attività di Gessate  legate a Milano. Il canale è utilizzato anche come via d’acqua navigabile per collegare Milano all’Adda (e al lago di Como). 
Inizi 1500 – Sorge il porto fluviale dove si caricano le merci nella località denominata Le Fornaci (e successivamente Villa Fornaci). La località prende questo nome dai forni per produrre laterizi (calcina e mattoni). La nascita dell’intero insediamento è comunque direttamente collegabile alla costruzione del naviglio. Qui convergono le merci da Gessate e dai paesi limitrofi a nord e a sud per essere trasportate a Milano. Già nel 1481 la strada che collega Bellusco a Gessate e alle Fornaci viene ampliata.
1500-1515 – Sorgono le prime cascine, Crosina (oggi non esiste più) e Panè.
1550-1570 circa – I proprietari milanesi Cattanei fanno costruire la Trombettina. Forse non è un caso che queste tre cascine (assieme all’insediamento portuale di Villa Fornaci) siano le più vicine alla Martesana.
metà 1500 – Sorgono Pirogalla e Casara (tra le più vecchie), e anche Monticello un poco più a nord della Crosina. La Pirogalla prende il nome dal dott Giovanni Francesco Pirogalli che eredita ampi terreni incolti distanti dal centro di Gessate e fa costruire la cascina che comincia ad essere adeguatamente sfruttata dal 1550 dopo il superamento della crisi demografica. Il Pirogalli, alla sua morte lascia in eredità la cascina e i terreni ai Padri di San Dionigi di Milano, che vi si insediano. Esiste una cappelletta privata fatta costruire ai tempi del Conte Pirogalli. Si parla dell’esistenza di un passaggio segreto (l’entrata sarebbe murata), che partendo dalla cascina Pirogalla giungerebbe fino all’Assunta. 
La Casara prende nome dalla signora Barbara Casata che la fa costruire: la struttura odierna è ancora la stessa di allora. Monticello deriva invece il suo nome della località “Montexxello” situata lungo la strada che collega Gessate alle Fornaci.

Le cascine del seicento

Fioriscono gli insediamenti sparsi sul territorio a contatto con i terreni da coltivare. Così si aggiungono altre cascine alle sei citate in precedenza. Hanno una torretta nel corpo centrale (forse a significare la dimora padronale), alla cui base si apre un portico che consente l’accesso al cortile. Le ali hanno una disposizione a “L”.
1620-1640 – Con tutta probabilità l’origine della Bellana è databile in questi decenni. È costruita da membri della famiglia Bonesana. Il nome potrebbe derivare dal toponimo del territorio, a sua volta derivante da una divinità celtica rurale “Beleno”.
1675-1670 – La cascina Bonesana viene costruita dalla omonima famiglia quasi sicuramente in questi anni, e, come la Bellana, si trova al centro di estesi possedimenti di diverse centinaia di pertiche (una pertica milanese corrisponde a circa 650 mq).
metà 1600 – Anche la cascina San Pancrazio (di piccole dimensioni, detta per questo “Cassinello”) si fa risalire a tale periodo. Non ne rimane però traccia. Si posizionava vicino alla attuale omonima chiesetta.
1680 circa – La cascina Assunta (o Cascinello) è fatta costruire da don Giuseppe della Torre. Alla morte di quest’ultimo è abitata dalle Monache del Monastero di San Filippo Neri di Milano.
fine 1600 – La cascina Gnocco, risale probabilmente a questo periodo, è situata in località Villa Fornaci, ma in posizione un poco decentrata, a nord della statale 11. È di forma anomala, non a “L”. Il suo nome deriva da quello dei terreni sui quali sorge, detti appunto “Gnocchi”.

Le cascine del settecento

Si registra una continuità rispetto al secolo precedente. Sorgono altri insediamenti isolati. Le coltivazioni si intensificano. L’incremento demografico di Gessate prosegue. L’ambiente tipico della cascina perde la peculiarità del corpo centrale più elevato, a significare forse che i proprietari, quando visitano le campagne, preferiscono abitare nelle ville. Le cascine riacquistano l’aspetto di edifici esclusivamente rurali.
metà 1700 – Verso la metà del secolo i nobili Del Conte fanno costruire la cascina Santa Maria, (o Malpensata) per coltivare una zona alquanto decentrata, molto ampia e in parte boschiva. È l’unica cascina del nord-ovest.
1772-1777 – è il periodo in cui sorge il Rogolino, situato in aperta campagna, in una zona esclusivamente boschiva che inizia ad essere messa a coltura. È l’unica cascina nel nord-est del territorio. Il nome deriva dalla fitta presenza di roveri (in dialetto ‘rugura’).
seconda metà 1700 – In questo periodo è fatta costruire dall’omonimo proprietario la piccola cascina Maderna, in località Fornaci, nei pressi del confine con Inzago. È stata recentemente abbattuta.

Ultima evoluzione tra ’800 e ’900

In quasi un secolo dal 1770 al 1860 la popolazione di Gessate raddoppia. E questa tendenza continua anche successivamente fino ai primi del ’900. Il risultato è che le cascine aumentano il numero di abitanti ma non perché serve più lavoro, semplicemente perché necessitano più abitazioni. Sorgono anche nuove cascine, ma abitate da borghesi oltre che da contadini, e per comodità si posizionano lungo le strade principali già tracciate.
1840-1860 –  Sorgono cascina Sartirana (angolo via Garibaldi via Manzoni) e Cascina Bertelli (incrocio via Manzoni Villa fornaci).
1900 circa – Attorno a questa data sorgono cascina Gerosa in via Manzoni, e cascina Cagnola verso Masate.
1930 – A questa data troviamo registrate sulle mappe catastali altre cascine: la Benpensata lungo la strada per la Bellana, la San Giuseppe (o Gera) sulla strada per Pessano, la Vimercati sulla statale 11 a Villa Fornaci, la San Paolo in prossimità della chiesetta di San Pancrazio sulla strada principale.

La realtà oggi di alcune cascine di Gessate

Due sono le cascine in cui oggi si opera la commercializzazione di prodotti della campagna e si propone un’offerta di relax.
Casara: Abitata dalla famiglia Cecchi dal 1962. Hanno mantenuto mucche da latte fino al 1985/1986. Poi monocoltura, mais, frumento, orzo. Allevano manzi, vitelli, maiali, con macellazione diretta fatta sul posto. Dal 1997 gestiscono uno spaccio per la vendita di carni e salumi. La cascina è stata ristrutturata nell’86. L’azienda è a conduzione famigliare: il sig. Cecchi, il fratello, il nipote. In totale la cascina è abitata da sei famiglie, di cui tre di discendenza Cecchi. 

Mentre chiacchieriamo, la signora Cecchi porta in tavola un piatto contenente una ‘collinetta’ di orecchie di maiale bollite, ancora fumanti, che emanano un vapore corposo. “Oggi mangiamo alla paesana, – mi spiega il signor Cecchi, – cotechino, orecchio e lenti, mentre aspettiamo i figli assaggiamo qualcosa”. 
Assunta (Cascinello): è stata ristrutturata completamente, ci abitano circa 18 famiglie (circa 38 abitanti). Dal 1897è sede di una trattoria, che dal 1970 è denominata “Antica trattoria dei tigli”, attualmente gestita dalla simpatica famiglia di Costanzo Giuseppe.
In un insediamento staccato dalla cascina Assunta, un centinaio di metri più a nord, un’altra famiglia, quella dei Fossati, si è specializzata nella produzione di latticini: gestisce un’azienda con allevamento di mucche da latte per la produzione e la vendita diretta di formaggi: taleggio, primo sale, ricotta. Davanti alla fattoria, in una zona tranquilla, sono disponibili ampi spazi, sia all’aperto sia al coperto, per ritrovi e pic-nic. Il signor Fossati, cordialissimo, mi invita a trattenermi, ma è tardi, devo andare: tornerò.

Walter Visconti

 

CONCERTO D’AUTUNNO 2008

Numero 5.2008

XVII edizione del Concerto d’Autunno. Appuntamento da non perdere per gli amanti della musica sinfonica, che chiude come ogni anno le manifestazioni legate alla Sagra di Gessate.
La prima parte è dedicata come sempre alla musica sacra. Un brano per sola orchestra, una sinfonia tratta da “Il diluvio universale” di Gaetano Donizetti introduce la giusta aspettativa negli 80 elementi della corale, che devono prepararsi alla impegnativa performance che seguirà. Ci siamo. È una esecuzione-sfida, un brano alquanto complesso, costato mesi di preparazione: la “Messa di gloria” di Giacomo Puccini, a onorare il Maestro nel 150° anniversario della nascita. L’intera esecuzione richiede circa 50’: Kyrie, Gloria, (l’applauso dopo il Gloria serve ad aumentare l’impegno), Credo, Sanctus, Benedictus, Agnus De, durante i quali il coinvolgimento della corale è notevole. Alla fine, la prova è superata a pieni voti. Ora questa “messa”, sulla cui scelta il Maestro Costante nutriva inizialmente qualche dubbio, fa parte del repertorio: la risposta è venuta attraverso una caparbia tessitura protrattasi per 90 sedute di prova. 

La seconda parte, al solito, è più “pirotecnica”. Il brani scelti per questa edizione sono tipici del repertorio. Si apre con la notissima sinfonia da “La gazza ladra” per sola orchestra, aria dai toni scoppiettanti, finale in crescendo ossessivo e trionfale. Lungo applauso di riconciliazione con la musica melodica e orecchiabile. A conclusione viene riproposta l’opera verista “La cavalleria rusticana”, di Pietro Mascagni, nei quattro momenti più famosi. “Preludio e siciliana”: brano capolavoro per intensità e ricchezza di spunti, il cui finale apre al dramma della vita, con dolcezza struggente. “Gli aranci olezzano”: campane e violini in entrata, gioiosità e vita, ritmo incalzante, sussurri del coro che toccano il cuore. ”Intermezzo”: dolce fraseggio orchestrale, a suggerire propositi e speranze in toni mistici e accorati. “Inneggiamo, il signore è risorto”: qui soprano, coro e orchestra assurgono a potenza soverchiante non a travolgere la vita, bensì a sua elevazione. In quest’ultimo brano si esibisce per la prima volta al Concerto d’Autunno il soprano Nicoletta Ceruti. Bravissima. Una menzione particolare va alla giovane arpista di 16 anni. Si chiude come di consueto con l’Hallelujah di Friedrich Haendel. La gente di Gessate è sempre più fiera della sua Corale. Arrivederci.

Walter Visconti

La Nuova Manifestazione Storica

Numero5.2008

La “Nuova Manifestazione Storica” imperniata sulla vicenda del Beccaria, personaggio illustre profondamente legato a Gessate, ha preso finalmente corpo, dopo un anno di intensi preparativi, il 4 ottobre 2008 al Cine teatro Don Bosco con una rappresentazione teatrale dal titolo “Fate che le leggi…”.
Tracciamo qui di seguito tracciare una fedele evocazione dello spettacolo.

Primo tempo.
È la storia di un uomo. È la storia di un libro. La scena si apre con l’intervista a un Cesare Beccaria moderno che spiega il suo passato. I ricordi si indirizzano subito ai giovani Cesare Beccaria e Teresa Blasco: storia di due innamorati. Lo zio Nicola e il padre Giulio Saverio ostacolano il matrimonio (“non s’ha da fare”), in quanto i Blasco sono nobili di serie B. Il colonnello Blasco (un azzeccatissimo Roberto Caspiati), difende la figlia. Dopo una struggente supplica, Cesare convince il padre a cedere. Si celebrano le nozze. Un minuetto danzante ben interpretato dal gruppo “La Contraddanza” (con splendidi costumi) evoca lo sposalizio. Cesare e Teresa sono poveri, abbandonati dalla famiglia, tutto sembra perduto. Ma interviene Pietro Verri (ben interpretato da Rolando Tresoldi), a salvare la situazione, con l’ideazione della famosa “commedia a sorpresa”.
Si cambia scena. Viene proposto l’intimo e tumultuoso ambiente de “L’accademia dei pugni”. Alessandro Verri (Ambrogio Mantegazza), in una delle riunioni del Gruppo, propone a un annoiato Cesare Beccaria di indagare l’argomento della giustizia. Questi, come folgorato, inizia a scrivere il libro “Dei delitti e delle pene” i cui contenuti rimarranno nella storia: “occorre giudicare con gradualità; ci vuole proporzionalità tra delitti e pene; si apostrofa la lentezza dei processi (fino a 10 anni)”. “Fate che leggi… è un famoso incipit. Vengono intercalati commenti in chiave moderna. L’apprezzamento all’opera del Beccaria è ben raffigurato.

Secondo tempo.
“Dei delitti e delle pene” è subito un best seller. Il rumore è grande. Lo Stato Pontificio lo mette all’indice. Cesare ha paura. La responsabilità è troppa: la fama può scatenare l’invidia dei nemici. Gli illuministi francesi lo vogliono a Parigi. Pietro Verri fa grandi progetti per lui. Ma il Beccaria è preoccupato. Alla fine accetta di recarsi nella capitale francese con Alessandro Verri. Il 2 ottobre del 1766 i due partono per la Francia, patria di grandi filosofi: Voltaire, Montesquieu, Russou. E la moglie Teresa? Già a Novara Cesare inizia a soffrire di melanconia e ipocondria. Non può sopportare la lontananza della moglie. Durante il viaggio, Cesare manda lettere in cui dichiara di non poter resistere al tormento. La vezzosa Teresa, di rimando, lo informa che il Calderara, suo accompagnatore ufficiale, ha il mal di denti. Lione: in una drammatica lettera Cesare confida a Teresa il suo pentimento. Il viaggio prosegue tra mille incertezze. Dalla capitale Cesare scrive: “Cara Teresa, Parigi è immensa. Quanti elogi per la mia opera!”. Teresa risponde che prova melanconia e che va in campagna a distrarsi col Calderara. Cesare è ormai deciso a Tornare. Pietro cerca di farlo desistere da una tale assurdità rassicurandolo: “Tua moglie sta benissimo. Le tue bambine stanno bene, non hanno bisogno di te”. In realtà è proprio così: “Teresa non si è mai divertita tanto come dopo la partenza di Cesare” – scrive Pietro al fratello Alessandro. Ma tutto è inutile. Cesare, il 12 dicembre rientra a Milano, mentre Alessandro, da solo, prosegue per Londra. Oppone mille giustificazioni, ma aveva perduto  la serenità. Un’angoscia senza paragoni lo possedeva. Pietro Verri è furibondo e disperato per quello che considera un fallimento. Come conseguenza, l’amicizia tra i due si incrina irrimediabilmente. L’Accademia dei pugni si scioglie. La rivista “Il caffè” cessa le pubblicazioni.
Un colloquio conclusivo tra Cesare e Pietro induce a non poche riflessioni: un grande sogno si è interrotto a causa di Teresa, così deliziosamente volubile e allegra; Parigi e Londra sono al centro del mondo, ma “io” nel mio piccolo sto bene e mi sento felice anche a Gessate, perché no?
Ma qualcosa di immenso è sorto da questa vicenda. Le parole e i principi esposti da Cesare Beccaria sono il fondamento degli stati moderni. L’intento degli illuministi era, fin da allora, di dare credibilità allo Stato.

Fine. Ovazioni e applausi per tutti.
Molto azzeccata si è rivelata la scelta strutturare la vicenda con tre forme parallele di illustrazioni: la serie di interviste introduttive a un Cesare Beccaria moderno; la recita delle scene; la proiezione di immagini con didascalie a scopo illustrativo.
Un importante ruolo è quello della serva veneta di casa Verri, interpretato magistralmente da Sonia Zullato: è una voce di critica popolare che si inserisce con gustose battute e rappresenta la realtà di vita vissuta nei vari contesti.
Alla fine di un’ora e mezza di spettacolo ben congegnato, divertente, denso di attrattive e di significati, tutti sono usciti soddisfatti e informati. Tuttavia è serpeggiata un po’ di delusione per la scarsa partecipazione (155 persone! E pensare che era stato predisposto perfino uno schermo nel cortile dell’oratorio). Ma sicuramente l’anno prossimo l’affluenza sarà di gran lunga superiore.

Walter Visconti