ARTICOLI 2007

Il CineTeatro Don Bosco: una risorsa culturale per i Gessatesi.

Numero 1-2007

 

Un luogo di svago, di divertimento, d’incontro, di cultura per i Gessatesi, funzionale, comodo, economico, conveniente. Stiamo parlando del CineTeatro Don Bosco, una vera risorsa culturale da non sottovalutare, anzi da apprezzare sempre più per chi già la conosce, da sperimentare per quelli ancora restii a frequentarla.
La “Sala della Comunità” si trova in Piazza Roma. Viste le affluenze di pubblico e gli incassi ancora esigui in rapporto alla qualità delle rappresentazioni, viene da pensare che molti Gessatesi non ne conoscano l’esistenza. Allora, rischiando di essere banali, partiamo dall’inizio e diciamo tutto quello che c’è da dire.

La squadra.
Come funziona l’apparato di gestione della sala? Innanzi tutto chi vi opera? Ecco i nomi degli undici volontari che attualmente la gestiscono: Riccardo Villa, Aldo Sacco, Ambrogio Mantegazza, GianAngelo Zurloni, Giovanni Galbusera, Roberto Caloni, Natale Mangiagalli, Sergio Vigorelli, Fulvio Caspiati, Enzo Asperti, Mauro Lezzi. Vanno aggiunti don Stefano e, infine, don Enzo che è il vero promotore dell’iniziativa (ha voluto fermamente la riapertura del CineTeatro e della Chiesa dell’Addolorata).

La gestione.
Ognuno ha compiti precisi. C’è l’aspetto amministrativo e c’è l’esercizio vero e proprio. Tenere la cassa, fare i turni alla biglietteria, espletare le pratiche SIAE, gestire la contabilità, consuntivare. Poi vengono l’apertura, la chiusura del teatro, la pulizia della sala, la manutenzione delle apparecchiature, la distribuzione delle locandine, l’invio della programmazione tramite posta elettronica. Ed ecco come avviene l’esercizio degli spettacoli. Si fanno riunioni in cui si decidono le pellicole (film adeguati che vengano accettati dalla comunità), principalmente da Riccardo, Fulvio e don Enzo. La programmazione riguarda circa un mese con tre-quattro titoli. Arrivano le bobine dei film (cinque o sei pesanti rotoloni di pellicola per ciascun film). A questo punto bisogna assemblare con calcolo e precisione le suddette “pizze cinematografiche” (cioè unirle fisicamente) in due uniche grosse bobine (se si vuole che i tempi del film siano due); all’inizio della prima bobina vanno poi attaccati gli spezzoni pubblicitari. In questo modo il film può essere proiettato. Alla fine delle rappresentazioni la pellicola va nuovamente divisa nelle “pizze iniziali” per la riconsegna.
Oltre alla normale attività cinematografica si organizzano due sezioni annuali di Cineforum, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Tempo libero, una invernale, una primaverile. Di solito i Cineforum si articolano in 5/6 film con tematiche diverse: sulla famiglia, i rapporti fra le persone, i problemi etici e sociali. Viene approntata e distribuita una scheda con i titoli dei film e le date delle proiezioni, di solito un film alla settimana. Ad ogni spettacolo un critico cinematografico introduce il film, e alla fine della proiezione stimola riflessioni ed eventuali discussioni.
Il CineTeatro ospita anche spettacoli teatrali. C’è un surplus di richieste da parte di compagnie (sono per lo più gruppi dialettali quelli che si offrono). Se possibile si cerca di organizzare uno spettacolo al mese.

Le caratteristiche.
Le caratteristiche del CineTeatro sono: 230 posti tra platea e galleria. Comodi servizi igienici situati a ogni livello. Ottimo l’impianto audio Dolby Surround. Due macchine di proiezione (per due diverse cabine di proiezione, una per il cinema invernale, una per il cinema estivo, che si rappresenta nel cortile dell’oratorio). Schermo con telone nuovo. Le poltroncine sono state ripulite a fondo nell’estate 2006.
Come detto, l’offerta è articolata su tre fronti: Programmazione normale di film, Cineforum e Spettacoli teatrali. La sala è spesso frequentata da abitanti dei paesi limitrofi come Basiano, Trezzano Rosa, Masate, Cambiago, Bellinzago, che sono sprovvisti di tale servizio. I prezzi attualmente praticati sono: 5 € per i film e 6 € per il teatro. L’affluenza del pubblico non è elevatissima. Solo per alcuni film di successo nazionale si registrano punte di 100-150 spettatori (tipo Nativity, Olè, Anplagghed, Narnia). Si teme un ulteriore calo in previsione dell’apertura della nuova multisala Arcadia nel prossimo maggio 2007 nel centro commerciale La Corte Lombarda.
Il bilancio economico per ora è in sostanziale pareggio.
La “Sala della Comunità” ospita anche eventi diversi che riguardano Gessate e le sue Associazioni: conferenze, premiazioni, audizioni. Anche per tali manifestazioni, i servizi, la pulizia, l’organizzazione, fanno riferimento ai soliti “undici volontari”.

Le finalità.
Fin qui, abbiamo fornito in sintesi la “scheda” del CineTeatro Don Bosco di Gessate. Ma ora vediamo più da vicino le fondamenta dello spirito animatore di questa iniziativa socio culturale. Sentito don Enzo, principale fautore della proposta mediatica, ecco il compendio del suo operato.
Dal 1963, lungo 43 anni di sacerdozio, troviamo don Enzo impegnato a più riprese nel mondo del cinema, sia perché appassionato di film, sia perché convinto assertore del cinema come mezzo culturale di socializzazione per favorire la crescita umana, filosofica e religiosa della comunità. Nelle iniziative svolte nei vari paesi dove si è fermato, il cinema è sempre stato presente nelle sue intenzioni e nei suoi desideri (uno si porta dietro le proprie passioni), non tanto per “accontentare” il pubblico, quanto per “sollecitarlo” – così spiega lui stesso – .
«Perché il cinema», – sono sempre sue parole, – «ha due finalità: una è di rilassare le persone, di aiutarle a riscoprire il senso del ridere, dello star bene. Poi, l’altro aspetto è quello culturale, educativo, volto a favorire il loro sviluppo armonico e aiutarle a socializzare. Questo intento lo troviamo ancor più nei Cineforum, eventi che servono a indurre lo spettatore ad “ascoltare” la presentazione, a fargli “seguire” un film con attenzione, e alla fine a farlo “partecipare” alla sua rivisitazione critica sempre che sia guidata con tatto e competenza dall’animatore».
Lungo tale percorso, don Enzo ha sempre trovato il suo bel daffare, a Vedano Olona, a Valmadrera, a Pantigliate, e ora a Gessate.
E poi continuando a ruota libera: «I Cineforum strumentalizzano un lasso di tempo in cui si favorisce la promozione umana; contribuiscono alla costruzione della formazione cristiana. Perciò, film a volte discutibili, sull’eutanasia, sulla morte, sulla famiglia, sono utili perché pongono problemi e fanno ragionare (e aiutano a comprendere). La nostra Sala della Comunità deve favorire la condizione umana, non solo con i film, ma con il teatro, le conferenze. Noi continuiamo su questa linea: favorire fin dove è possibile la scelta di film che non siano scadenti, che aiutino le persone a rilassarsi, a godere di un buon spettacolo, e poi, come detto, c’é l’altro filone che è quello che induce a ragionare. Noi speriamo che saremo premiati. Perché facendo film per adulti di un certo livello, non attiriamo masse enormi, però dacché abbiamo iniziati i Cine Forum dal 2002, un certo gruppo si è formato. La media di presenze ai Cineforum è di ca. 60-70 persone. Il Cinema è dunque uno strumento pastorale, di “attenzione” alle persone».

Walter Visconti

 

Mostra di collezioni in Villa Daccò

Numero 1-2007

 È lunedì 15 gennaio, di pomeriggio. Trovo un’ora da dedicare alla mostra di collezioni in Sala Matrimoni di Villa Daccò, prima che mi sfugga definitivamente. È un’intuizione, perché nulla di più appetibile mi sarei aspettato. Conosco due persone gentili e preziose nel giro di poco. Mi dico: affrettati a scrivere le impressioni prima che il Dialogo chiuda, e prima che mi sfuggano dalla mente. Sono brevi testimonianze, ma credo bastino per dire al cittadino ciò che potrà approfondire da sé, volendo, conoscendo le persone.

Primo incontro. Ernesto Villa, di Gessate, colleziona appassionatamente monete, non per forza antiche o rare, perché il conio è per lui semplice simbolo di storia, di realtà trascorsa, indelebile, scolpita. È collezionista nel senso puro del termine, non accanito accaparratore a qualsiasi costo, non ostentatore di pezzi da capogiro, bensì paziente allineatore, custode, studioso. Esibisce compiaciuto la sua rassegna, dà prova di competenza, modestia. Fine scopritore di storie nascoste dietro i coni: affari, furbizie, paure, inganni, giochi, piaceri, tradimenti. Vicende di terre lontane, di ricchezze, inflazioni, tesori e catastrofi. Perché tutto ciò rivelano le monete. Monete da ammirare, da apprezzare.

Secondo incontro. Giorgio Faré di Gorgonzola. Presenzia: una mostra di illustrazioni del pittore “Klaus” raffiguranti imprese gloriose della Marina Militare Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale; alcuni arditi dipinti di “Fari d’Italia”; una serie di magnifici disegni di uniformi marinare, dal 1789 (della Marina di Casa Savoia) fino ai nostri giorni; modellini che simboleggiano l’evoluzione delle imbarcazioni, dai tronchi della preistoria, alla nave a remi dei maestri d’ascia etruschi, alla vela cinese, all’Amerigo Vespucci. Ma il vero tesoro della mostra non sono i pezzi esposti, ma è lui, Giorgio Faré. Esponente dell’ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Gorgonzola), si rivela un pozzo di sapienza e cultura sulla storia della marina mondiale, delle esplorazioni, e sulle esperienze nella seconda guerra mondiale. Nel giro di mezz’ora colgo aneddoti, racconti, testimonianze che mi affascinano. È come fantasticare in compagnia di Jules Verne, o forse più.
Alcune sue menzioni: “Nelle scuole la cultura non è mai marinara, eppure quasi ogni terra fu scoperta attraverso la navigazione”. Poi, digressioni sulle mitiche paure dell’Atlantico con leggende di mostri, fantasie sui sargassi. Ma dopo Colombo, via libera! Ecco sgombrato il campo, tutti a lanciarsi oltre l’Atlantico. Questa è la grandezza di Colombo (a 8 anni era mozzo, a 25 Comandante).
E cita Carducci: “Da quegli scogli onde Colombo vide nuovi mondi spuntar…” E cita Taviani, “che era innamorato di Colombo e scrisse su di lui diversi libri”. I ricordi sulla Seconda Guerra Mondiale, le ricche considerazioni sugli avvenimenti sono un ricchissimo capitolo a parte. Giorgio Faré è anche autore di un libro sulla navigazione adottato nelle scuole medie. Varrà la pena di visitare l’ANMI di Gorgonzola, dove – mi informa – hanno una fornita biblioteca sulla navigazione e più di 50 modellini di navi. Ma il sigillo della conoscenza marinara è sempre Lui, lucido custode di realtà trascorse, favola vivente di un mondo che affascina e che consola ogni appassionato di avventura, di navigazione, di esplorazione, entità che si fondono in una sintesi di conoscenza magica, meravigliosa, esaltante, malinconica, gloriosa. Io l’ho conosciuto e non lo dimenticherò.

Walter Visconti

 

 Vincitore del concorso ”La vetrina più bella”
“Acconciature Liliana” di Liliana Stucchi in via Badia 70

Numero 1-2007

 

Entro timidamente nell’ambiente intriso di profumi. Saluto con discrezione, vengo accolto da caldi sorrisi di benvenuto. Osservo polsi e mani sfilare capelli con delicata maestria. Dita esperte appaiono e scompaiono in vortici di bianca schiuma. Vite sinuose si muovono nel vento caldo dei fon attorno a smosse chiome fluenti.

È un negozio funzionale, simpatico, efficiente. Adatti separé propiziano comodi ambienti dalle pareti giallo ocra. Subito entrando un ritratto pittorico di Sharon Stone in uno dei look più recenti. Da qui si accede nel magico mondo ell’acconciatura femminile: poltrone girevoli e caschi pendenti, lucide consolle e poltroncine per l’attesa, maestosi specchi a offrire luminosità e scintillii. In chiusura, il reparto degli shampoo, fornito di due comode postazioni.

Liliana Stucchi è la titolare del negozio di acconciature in Via Badia 70. Quasi trent’anni di lavoro nel settore. È nativa di Pessano. Nutre un’inclinazione per la creazione, l’interpretazione della moda. Nel 1979, sostenuta dalla forte passione per le acconciature e la valorizzazione del portamento femminile, decide di aprire un’attività di parrucchiere per signora rilevando il negozio di Gessate dove tuttora lavora. Numerosi sono i corsi di aggiornamento professionale. Ma veniamo a noi. «Forse perché non ero molto conosciuta, forse per l’impostazione dell’esercizio, per i tagli che apparivano troppo moderni, e anche per l’ambiente, diciamo, un po’ conservatore, all’inizio ho faticato a ingranare» ammette  Liliana. E poi continua: «Prima di me c’era stata la “Signora Bruna” (una carissima donna che ora ha 80 anni), che faceva le “cotonate”, apprezzate molto da mia nonna. Tra la Signora Bruna e me c’è stato un vero e proprio “avvicendamento”, un momento in cui le pettinature si sono evolute: prima si usavano le “pieghe” coi bigodini, i capelli “cotonati”, le “permanenti”; mentre quando ho iniziato a lavorare io già andavano le pieghe a fon, con i caschetti alla francese, per arrivare infine alla attuale moda del liscio, con i capelli lunghi dritti sulle spalle».

Occorre dire che la Vetrina di Natale allestita da Liliana e premiata dalle preferenze dei Gessatesi consisteva in un Presepio (che purtroppo non abbiamo potuto fotografare), composto da una Capanna fatta con tronchetti di legno pazientemente tagliati dal marito, da statuine di gesso colorate in stile orientale-ortodosso, impreziosito con muschio punteggiato di strass d’orati, su uno sfondo di tulle azzurro: una creazione stilizzata e originale, opera di uno spirito raffinato, da artista.
Osservando più attentamente l’ambiente del negozio, non a caso vedo emergere la seconda passione di Liliana: la pittura. Le chiedo subito se ha fatto qualche mostra. Dice che non ha alcuna scuola e che per questo non ha il coraggio di esporre. Modesta, e troppa grazia, malcelata, – dico io, – perché sulle calde pareti del negozio, e alla stessa vetrina a far da manifesto, intonate e accattivanti, stanno esposte moderne tele dipinte a olio che raffigurano virtuose effusioni maschili unite a impetuose posture femminili, a celebrazione del fascino della donna, proprio come deve essere rappresentato, cioè nella spontaneità, nella manifestazione dello stile, nella valorizzazione della classe e della cultura.

Nel tempo della conversazione lei e la sua aiutante hanno fatto lo shampoo a due clienti. Mentre parliamo Liliana sta “facendo i boccoli” ai lunghi capelli di una bambina di 8 anni, ottenuti come regalo per il suo compleanno. «Scotta!» dice la piccola, al che, la reazione sospirata della nonna è stata: «Per apparire bisogna soffrire!» Ma per fortuna oggi non è più così.

Walter Visconti

 

Una confortante realtà:
“Il Consultorio Familiare Decanale di Melzo”

Numero 2-2007

Quanto segue è la sintesi della appassionata presentazione fattami dalla Dott.sa Caviglia, che raccolgo e condivido pienamente. In un piovoso pomeriggio di marzo vengo accolto nei bei locali di Melzo in via Martiri della Libertà 35. Subito avverto un’atmosfera di cortesia, attenzione, interesse, gentilezza. È quello che occorre per far sentire ogni persona a suo agio. È la premessa per l’apertura, la comprensione dei disagi, la condivisione degli stati d’animo, l’offerta di aiuto.

I numeri. 2064 persone assistite, di cui 357 maschi, 1707 femmine; una trentina di persone operanti nel Consultorio, di cui un ginecologo, 5 psicologi, 2 assistenti sociali, 1 ostetrica, 1 infermiera, 3 consulenti familiari, 2 mediatori familiari, 2 consulenti legali, 3 amministrativi, 10 tra operatrici telefoniche e segretarie; in più ci sono 2 coordinatrici, una per l’attività interna, una per l’attività esterna e infine il Direttore Sig. Camillo Ronchetti e un vice Direttore, la Dott.sa Anna Caviglia. Questi sono i numeri del Consultorio Familiare Decanale di Melzo per il 2006. La Direzione e la Segreteria sono costituite da volontari, il restante personale è retribuito tranne alcuni Operatori anch’essi volontari. La migliore ricompensa rimane comunque per tutti la “soddisfazione personale”.

L’attività. Il Consultorio di Melzo opera dal 2001: all’inizio era tutto volontariato, l’accreditamento è venuto dopo. Le attività si dividono in “interne”: quelle che vengono fatte nella sede di Melzo oppure negli ambulatori dislocati nei vari paesi (Albignano, Truccazzano, Gessate, Liscate), ed “esterne”: i corsi che si fanno nelle scuole, negli oratori, gli incontri serali con i genitori, le conferenze.

L’ispirazione. Non è tanto uno spirito di tipo missionario, o un progetto isolato, quello che anima il consultorio, si tratta piuttosto di una vera integrazione razionale e specialistica del Servizio Sanitario Nazionale.
L’ispiratore iniziale dei consultori si identifica nella persona di monsignor Giovanni Battista Guzzetti. Nel Seminario di C.so Venezia, svoltosi a Milano il 30 novembre 2006 a celebrazione del 45° anniversario di vita dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, da lui fondato, e nel 10° anniversario della morte avvenuta il 26 giugno 2005, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, Vescovo di Milano, ricordò il ruolo decisivo di monsignor Guzzetti per la fondazione di numerosi Consultori oggi operanti sul territorio nazionale, specialmente nel nord Italia.

Funzione. Queste strutture rappresentano un decisivo supporto, dinamico e creativo, per il superamento dei molti disagi sofferti dalle persone indebolite dall’ubriachezza della società. In esse operano persone sensibili e specializzate, soprattutto “portate” ad aiutare e sanare situazioni precarie. Lo scopo è l’indirizzamento nei giusti canali del rimedio e della ripresa a difesa di una società “arrabbiata” e “spersonalizzata”. Il solo fatto della consapevolezza dell’esistenza dei Consultori è motivo di rassicurazione, fiducia e speranza. Essi favoriscono il coraggio dell’umiltà nella richiesta d’aiuto, e indicano con modestia e discrezione la via di “sbocco” per tantissime situazioni critiche e anomale della vita.

Walter Visconti

Ecco di seguito una scheda illustativa delle attività del Consultorio.
CONSULTORIO  FAMILIARE  DECANALE  DI MELZO
Via Martiri della Libertà 35   Te. E Fax  02 95732039

Il consultorio Familiare Decanale di Melzo, attivo già da sei anni, è autorizzato dalla ASL Mi2 e accreditato dalla regione Lombardia.
Tali riconoscimenti sono un’ulteriore garanzia della qualità delle prestazioni fornite e permettono a questa struttura moderna, di ispirazione cattolica, di dare risposte sempre più adeguate alle crescenti richieste degli utenti.

Al Consultorio Familiare si rivolge un’utenza che è specchio della società di oggi. Non ci sono particolari distinzioni né di tipo religioso, né di tipo sociale. Arrivano persone il cui status sociale è molto variegato, perché ormai i problemi affrontati dalle nostre strutture sono propri di tutti gli strati della popolazione: lavoriamo sui problemi della relazione coniugale, sui problemi educativi, sulla maternità, paternità, e sessualità. Le situazioni che si presentano con maggiore frequenza sono le crisi di coppia di varia natura e i problemi educativi, che si verificano perché i genitori hanno strumenti vecchi e inadeguati per la realtà di oggi.

Sono molto importanti anche le attività esterne che prevedono interventi in diversi ambiti: la preparazione dei fidanzati o delle giovani coppie a sostegno di iniziative parrocchiali, la formazione degli adolescenti nelle scuole e negli oratori, la procreazione responsabile ecc.

I Consultori di ispirazione cristiana si caratterizzano per una scelta di globalità dell’intervento di cui riportiamo alcuni esempi:
- nel rispetto della libertà di coscienza, non si ignorano né si sottovalutano gli aspetti legati alla fede religiosa (e i valori ad essa connessi).
- l’intervento è dialogo e aiuto, nella competenza.
- si prendono in considerazione gli aspetti medico-ginecologici, ma anche il benessere psicologico-sociale, morale e spirituale
- non solo la donna ma la coppia e la famiglia.
- non solo nella preparazione della vita a due ma anche nelle fasi successive.

 L’utente che si accosta al Consultorio incontra sempre una segretaria che è stata formata per l’accoglienza. Il suo compito è quello di far sì che la persona stabilisca un rapporto con noi: se la richiesta è di un servizio che non siamo in grado di dare, l’utente viene indirizzato alla struttura corretta. Il secondo passo è il primo colloquio con una Consulente Familiare, la quale, capita la necessità, programma con l’utente un percorso nel quale si affronterà il problema con l’intervento degli specialisti più adatti al caso.

Nel nostro Consultorio operano diversi professionisti che collaborano fra loro per offrire agli utenti un servizio multidisciplinare integrato; le competenze presenti sono: psicologo, pedagogista, assistente sociale, avvocato, mediatore familiare, ginecologo, ostetrica, neuropsichiatra infantile, consulente etico.

Il Consultorio Familiare offre i propri servizi nella sede di Melzo, e, in collaborazione con i Comuni, gestisce ambulatori ginecologici in alcuni paesi del Decanato fra cui Gessate, dove opera già da diversi anni il primo lunedì di ogni mese dalle 9:00 alle 12:00.
Recentemente il Comune di Gessate ha messo a disposizione del Consultorio nuovi locali che permetteranno anche un’espansione delle attività. Al momento vengono offerte le seguenti prestazioni:
- Visite e controlli ginecologici
- Pap-test
Inoltre è possibile organizzare su richiesta corsi in preparazione al parto e incontri post-parto.
Tutte le prestazioni vengono effettuate su appuntamento previa telefonata alla sede di Melzo al
n° 02 95732039
nei seguenti orari:
Mattino: 9 – 12 tranne mercoledì     Pomeriggio:16 – 19 tranne sabato

L’accreditamento ottenuto dalla Regione consente di ottenere le prestazioni di carattere medico col pagamento del solo ticket (salvo eventuali esenzioni), mentre quelle dell’area psicologica sono gratuite.
Dott.ssa Anna Caviglia

 

Per capirne di più: il libro di padre Gheddo
“La sfida dell’islam all’Occidente”

Numero 4-2007

 

Nell’aprile scorso, al Cineteatro don Bosco, organizzata dal Centro Culturale San Mauro, si è tenuta una conferenza di Padre Piero Gheddo in occasione della presentazione del libro “La sfida dell’islam all’Occidente”. L’argomento è di grande importanza e attualità, per cui, anche a distanza di mesi riteniamo utile segnalare l’evento. Un anno e mezzo fa, le Edizioni San Paolo commissionavano a padre Gheddo un libro per cercare di spiegare alla gente in maniera chiara e sintetica quali siano le differenze sostanziali tra cristianesimo e islam. Padre Gheddo si metteva all’opera di buona lena, e servendosi delle sue inesauribili conoscenze di vita, di missionario, di studioso, confezionava un compendio essenziale e significativo, privo di paroloni e profonde filosofie, bensì ricco di evidenze, esperienze, aneddoti. Credo sia il settantesimo libro da lui scritto, o giù di lì.

La figura di Padre Gheddo si identifica con quella di un missionario che ha girato il mondo con gli occhi di un’immanenza con la Chiesa. Il suo sguardo sulla storia è comprensivo e attendibile. Nel suo scritto non v’è traccia della denuncia “veemente“ della Fallaci, né dell’analisi “accorata” del Terzani. Ogni frase è risultanza di fatti e constatazioni. Di conseguenza l’idea che si crea è obiettiva, credibile.
Ma veniamo ai contenuti. Quale modo migliore di descrivere l’opera se non quello di riportare le parole di Padre Gheddo?

Il libro parte dalla seguente considerazione. «Per comprendere bene i problemi che l’islam pone all’Occidente cristiano è necessario conoscerlo meglio di quanto oggi, in genere, lo conosciamo. Ovunque vado a parlare,  - asserisce padre Gheddo, - trovo quasi solo persone che hanno paura dei musulmani, ma che, oltre a chiudere la porta di casa, non si preoccupano di conoscere un po’ a fondo questa fede religiosa e cultura che riguarda un abitante del mondo su cinque e rappresenta la seconda religione praticata nella nostra Italia; e pochi si chiedono cosa possono fare, al massimo protestano contro il governo perché non fa abbastanza. L’islam non può essere nato ed essersi sviluppato in modo prodigioso acquistando una tale forza numerica di credenti per quasi un millennio e mezzo, se non avesse un senso nei piani di Dio. Che naturalmente noi non conosciamo, ma che dobbiamo cercare di capire per non cadere nel baratro dello scontro di civiltà che sarebbe nefasto per tutti».

Le differenze tra le due religioni sono enormi e profonde. Padre Gheddo identifica tre punti attorno ai quali ruota il libro.

Primo: Le differenze tra cristianesimo e Islam (quali sono le differenze).

Secondo: L’Islam, per entrare nel mondo moderno deve riformarsi dall’interno (cosa deve fare e cosa dobbiamo fare per aiutarlo).

Terzo: L’Islam è visto come una minaccia per la nostra civiltà (come rispondere).

Dunque, la sfida dell’islam può essere anche una provocazione. E notate, questa non è una mia idea – asserisce padre Gheddo -. Molti vescovi che io ho intervistato, vedono nella crescita del massimalismo islamico una prospettiva, una provocazione che questa grande religione fa a noi cristiani perché ritorniamo a Gesù Cristo, alla nostra identità e vita cristiana.

Il volume di Padre Gheddo “La sfida dell’islam all’occidente” è disponibile presso le Edizioni San Paolo al prezzo € 9,00.

Walter visconti

 

Sagra della Paciarèla. Le novità di quest’anno

Numero 4-2007

La giostrina con i cavalli antichi, in piazza Roma. L’iniziativa ha riscosso notevole successo tra i più piccoli, che tiravano i papà per le maniche per salire sulla giostra e quando c’erano arrivati, non volevano più scenderne. Sempre in piazza Roma, in collaborazione con una gelateria di Melzo, è stata allestita una bancarella di gelati con possibilità di degustare come insolita leccornia uno speciale gelato alla paciarèla.

I giochi giganti, in via Badia, nel pomeriggio. Ecco un’altra bella idea, senz’altro da ripetere. In collaborazione con la ditta” Ludicamente” di Mantova, sul selciato della via sono stati allestiti un “Domino gigante”, con gli accattivanti rettangoloni neri di plastica, leggerissimi, posizionati dai bambini, dalle mamme e dai papà non senza accese discussioni sulla varie opportunità di accoppiamento;
il gioco “Forza quattro” che vedeva i bambini impegnati nella scalata del quadro verticale per riversarvi poi dall’alto le grosse pedine colorate;
un bellissimo “Shianghai” gigante con le grosse stecche di legno colorate lunghe circa un metro, che sfuggivano sornione ai vani tentativi di immobilità decretati dai bimbi con decisa autonomia.
Infine, una “Scacchiera gigante” attirava l’attenzione dei passanti più adulti, catturandoli al gioco millenario, con animati conciliaboli per concordare le mosse delle enormi pedine di plastica.

Intrattenimenti musicali non stop. Dalle 10.00 alle 19.00 la giornata è stata allietata da musiche di vario tipo presso la Sala Musica di Villa Daccò. In particolare nel pomeriggio si è avuta la coreografica rappresentazione denominata “Concerto aperitivo” con il gruppo “Nema problema”, che ha proposto interessanti musiche popolari di altri paesi.

Walter Visconti

 

Un intervento dei VOS

Numero 4-2007

Piccola cronaca. Domenica 23 settembre ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza personale che può sembrare anche banale, ma che vorrei riferire affinché i cittadini di Gessate ne possano prendere atto. Durante la messa delle 9 e 30 in San Pancrazio una signora seduta proprio dietro di me ha avuto un malore. In silenzio si stava accasciando sulla sedia. È stato don Vincenzo ad accorgersene per primo dalla sua posizione dominante. La donna è stata portata subito fuori, adagiata sullo zerbino della porta, per attutire l’umidità dell’erba ancor fradicia di rugiada, appoggiata di schiena a una parete della chiesa. Ho guardato l’orologio. Quando tutto è cominciato erano le 9 e 45. Alle 9 e 50 uno dei presenti ha chiamato il 118, ha spiegato brevemente l’emergenza, ha fornito l’indirizzo esatto del luogo: via Manzoni a Gessate, davanti alla chiesetta di san Pancrazio, all’altezza di via San Giuseppe, in prossimità della statale 11, all’incocio per Gessate-Bellinzago, il luogo era aperto e accessibile, riconoscibile dal capannello di persone che avrebbero atteso l’arrivo dell’ambulanza. La telefonata è stata breve. L’interlocutore ha fatto alcune domande chiave sulle condizioni della donna: se era ferita, se perdeva sangue, se era cosciente. Alle 9 e 58 si è sentito l’urlo di una sirena in avvicinamento. Alle 10 l’ambulanza dei VOS di Gorgonzola sbarcava sul posto la squadra di soccorritori composta da due uomini e una donna. Subito il responsabile del gruppo di soccorso sottoponeva la donna ad alcune sollecitazioni visive, e a domande (se sentisse dolori al torace o in altre zone del corpo, avendone cenni di diniego), di cui valutava le pur flebili reazioni e risposte. Contemporaneamente le veniva misurata la pressione arteriosa, ed eseguito un prelievo ematico per valutare il tenore glicemico nel sangue. Dalle indicazioni ricevute, il responsabile del gruppo decideva di portare la donna all’ospedale di Melzo per controlli. Quindi intervenire la barella (già predisposta in precedenza), la donna veniva caricata in ambulanza e portata via. In sintesi possiamo dire: dalla telefonata al 118 all’arrivo dell’ambulanza dei VOS sul posto, sono intercorsi meno di 10 minuti. Dall’inizio del malore in chiesa, all’intervento dei VOS sono intercorsi circa 15 minuti. Va rilevato che era domenica mattina, non c’era traffico sulle strade, e l’ambulanza è partita da Gorgonzola. Sono tre condizioni favorevoli che non sempre si verificano contemporaneamente. Comunque, credo si possa parlare di un intervento tempestivo ed efficiente.

Walter Visconti

  

La frase di dicembre

Numero 4-2007

Cercare di vedere le cose dal punto di vista di Cristo. Comportarsi da anticonformisti, nei limiti del possibile, o almeno in qualche occasione. Perché è dall’anticonformismo che più spesso emerge lo spirito innovativo indispensabile per l’incremento della qualità e per l’assicurazione dell’emozione. Walter Visconti

  

Gruppo Caritas di Gessate
25 novembre: Giornata della Carità Diocesana

Numero 5-2007

Domenica 25 novembre si è celebrata in parrocchia “La Giornata della Carità”. Nello stesso giorno nella sala Caminetto della Villa Daccò è stato allestito dal Gruppo Caritas di Gessate il Banco di Beneficenza, cioè una serie di oggetti e manufatti prodotti o procurati dai soci oppure offerti dai cittadini e messi in vendita a prezzi contenuti per la raccolta di fondi da distribuire ai bisognosi.

Il Gruppo Caritas di Gessate è stato fondato il 6 dicembre 1985 da 16 persone. A tutt’oggi conta, guarda caso, ancora 16 associati, anche se in 22 anni ci sono stati avvicendamenti. Inizialmente, e tuttora, il settore privilegiato dell’attività costitutiva sono gli ammalati e gli anziani, ai quali riserva le attenzioni richieste dalle singole situazioni, nella consapevolezza che anche i soggetti cosiddetti deboli sono protagonisti e portatori di risorse.

Gli anziani ed ammalati vengono periodicamente visitati, e una visita particolare è riservata loro nel giorno del compleanno dei 90 anni e oltre. In occasione delle festività natalizie vengono consegnati doni ai portatori di handicap nel paese. Una particolare attenzione è rivolta ai concittadini ospiti nelle case di riposo. Non vengono dimenticati quelli che si trovano in case di cura anche lontane da Gessate. Soprattutto da parte di questi ultimi avvengono spesso toccanti manifestazioni di affetto verso i visitatori della Caritas, e testimonianze di profonda nostalgia per la “loro” indimenticata Gessate. Caso emblematico è quello di una anziana signora ricoverata in una casa di cura a Torre Boldone che dopo 20 anni di lontananza dal paese affermava in una lettera che il suo più grande desiderio sarebbe stato quello di ritornare a Gessate.

Quasi tutti gli anziani ricoverati anche se “stanno bene” e “sono curati” hanno gli sguardi illuminati ogni qualvolta ricevono visite, e mostrano infinita tristezza al momento del congedo dal visitatore. «Devono sapere» – e questo è il messaggio importante che il Gruppo Caritas vuole trasmettere loro – «che finché le nostre forze non mancheranno, rimarremo sempre legati a loro con la certezza del nostro ricordo, con la preghiera, e saranno sempre neu nostri cuori». Tutta la comunità è coinvolta nella consegna di un messaggio augurale Natalizio agli anziani e agli ammalati. Con i giovani dell’oratorio si effettua la raccolta degli indumenti usati in occasione della “Due Giorni Giovani e Servizio”. Questa “Raccolta“ è stata pensata per far sperimentare ai giovani un servizio caritativo. In collaborazione con l’Assessorato Comunale, nella prima decade di settembre si effettua per gli anziani una gita/pellegrinaggio a un santuario mariano. Una volta al mese la Caritas si ritrova in casa parrocchiale con don Enzo per stabilire le iniziative. Gli obiettivi restano i più semplici: raccolta fondi per i poveri e beneficenza a chi ne ha bisogno, sotto qualsiasi forma. Non ci si limita ovviamente al territorio. Si possono destinare offerte in denaro alle popolazioni colpite da calamità o alle missioni operanti nel terzo mondo.

Credo che si provi un gusto particolare nel fare volontariato nella maniera più umile e modesta possibile, cioè partendo dal nulla e restando nell’anonimato. La soddisfazione riempie lo spirito come l’aria i polmoni. È il gusto di sentirsi più leggeri. L’anima è di per sé leggera, ma per salire con lei, prender quota e vedere le cose dall’alto, non basta il pensiero, occorre operare, servirsi di un aerostato, un marchingegno che necessita dell’azione umana; poi però si è di nuovo in balia del vento.

Il Gruppo Caritas di Gessate rivolge un appello ai giovani e meno giovani che vogliano offrirsi e contribuire alla attuazione di nuove modalità di servizio alla nostra comunità. Per coloro che vogliono partecipare è sufficiente contattare don Enzo.

Walter Visconti

 

Un volontariato “doveroso”

Numero 5-2007

Un “volontariato doveroso” è quello che ci preme dentro, quello che tutti noi possiamo e dobbiamo fare nella famiglia, ma anche nella società in genere, “ascoltandola” nell’ambito dei nostri affetti, o dove vediamo che c’è bisogno di aiuto alla nostra portata.
Di recente ho partecipato a un convegno proprio su questo tema di risonanza notevole (organizzato dall’Associazione Consultorio Familiare di Melzo), ne ho conservato traccia, e mi preme di riferirvene una sintesi nel pensiero di due relatori.

Il primo è Matteo Selvini, uno dei massimi esperti mondiali di Psicoterapia Familiare, il quale propone
“12 dimensioni per l’ascolto della famiglia”. Una raccomandazione preliminare. Il rischio è che l’ascolto crei una sensazione d’impotenza. La famiglia è un fenomeno iper complesso. È normale sentirsi sopraffatti. Ma non bisogna perdersi d’animo. Ma ecco il suo dodecalogo:

1) Struttura della famiglia
Per “ascoltare” occorre innanzi tutto analizzare ruoli e confini generazionali di una famiglia, capirne il funzionamento: organigramma, alleanze e vicinanze. Ci sono infinite differenze tra le strutture effettive e le strutture da “mulino bianco” ideali. Occorre individuare legami anomali, casi di padre assente, ruoli dei nonni, legami tra madre e figlio, distanza tra i genitori, abitudini strane.

2) Organizzazione del potere
In ogni famiglia sana c’è una buona distribuzione del potere. Occorre analizzare le distanze tra i componenti. Dislivelli di potere o coalizioni generano stati di sofferenza. Spesso lo schema ci riporta a famiglie dove uno comanda, dove un altro è considerato un deficiente.

3) Controllo e guida
Spesso nelle famiglie si opera un
a) estremo controllo dei genitori sui figli, o viceversa si concede
b) massima libertà ai figli. A funzioni diverse corrispondono patologie diverse. È un classico che nella famiglia di un anoressico ci sia un iper controllo, al contrario, certe famiglie di tossicodipendenti sono caratterizzate da mancanza di controllo e di guida. Il ruolo dei genitori è di dimensionare bene i controlli e la guida dei figli.

4) Preoccupazione
Nella fase di ”ascolto” occorre valutare se effettivamente un problema che si evidenzia merita attenzione o no, in pratica stabilire se un problema banale viene drammatizzato o se all’opposto, un problema serio viene banalizzato.

5) Conflitto
Ci sono famiglie, coppie, persone

a) senza conflitti, oppure
b) devastate da conflitti.
Sono due patologie opposte, ma altrettanto tossiche. È il campo attorno al quale sono nate le terapie di coppia, che significa cooperazione attorno ai problemi.

6) Empatia
Di fronte a un problema di un componente della famiglia gli altri sono

a) accoglienti, oppure
b) ostili. Se una persona ha dei sintomi e questi generano reazioni di “insofferenza” l’effetto è tossico. Occorre “ascoltare” per capire come superare un simile atteggiamento. Nei confronti della sofferenza purtroppo spesso l’empatia è una risposta normale. Sull’empatia in effetti ci dobbiamo interrogare tutti. Perché spesso proviamo fastidio o irritazione alla notizia di una patologia altrui?

7) Comunicazione
“Ascoltare” per stabilire la qualità della comunicazione. Spesso la mancata focalizzazione di un problema significa che la dimensione più rilevante nella famiglia è la confusione, o la “confusione comunicativa”. Cioè le persone parlano ma non si capiscono.

8) Chiusura/apertura verso l’esterno
“Ascoltare” per conoscere la posizione della famiglia (o di un interlocutore) verso l’esterno. Le statistiche sulla tendenza contemporanea ci dicono che la famiglia è più rivolta verso l’asse materno, cioè verso la famiglia della madre. Il legame privilegiato è quello figlia-madre.

9) Responsabilizzazione
Qui la polarità è:
a) responsabilizzazione, oppure
b) protezione. Il problema è quello di dosare quanto trattare i figli da adulti e quanto da bambini. Protezione, accompagnamento, ma fino a che punto? Responsabilizzarli troppo o trattarli come un infante. “Ascoltare” dunque i figli per capirne lo sviluppo e decidere quanto premere sull’acceleratore della responsabilità. È chiaro che entrano in gioco le etiche di culture diverse. La responsabilizzazione, si sa, è un fattore di rischio.

10) Giustizia
La dimensione “giustizia” è correlata a quella del “potere” del punto 2. Occorre individuare ed eliminare possibili ingiustizie all’interno della famiglia per eliminare le situazioni di sofferenza. Esempio: la donna fa un doppio lavoro, il marito lavora  molto meno. Le divisioni inique producono tempesta. In prospettiva sono fattori di rischio.

11) Paura
Se un componente vive nella paura rispetto a un altro componente, si genera una situazione di disagio. Un clima di sopraffazione, ingiustizia, violenza, minacce, equivale a una generazione di paura.

12) Mito (o misconoscimento della realtà)
Credere in qualcosa che non ha niente a che vedere con la realtà può creare deformazioni del modo di vedersi nella famiglia. Esempio classico: Ai figli maschi è noto che il papà ha relazioni extra coniugali da anni mentre la mamma (che forse sospetta) ne è tenuta all’oscuro. Riportare le persone ad un riconoscimento della realtà può essere una cosa molto utile, per sciogliere le sofferenze.

Il secondo relatore è Padre Franco Ghezzi, sacerdote, frate minore conventuale antoniano, direttore della Parrocchia “Beata Vergine Immacolata e Sant’Antonio di Kolbe/Corsica” che ci parla di

“Spazi di silenzio per l’ascolto e la contemplazione”.
Due auto di amici parcheggiano affiancate. Il primo che si ferma: «Comprati il navigatore satellitare». L’altro risponde: «Ho l’i-pod». È un’immagine veramente interessante che mostra come siamo ridotti.
Difficoltà di comunicare e ascoltare. Il silenzio è un lusso ormai, è un buco nero. Il silenzio è una realtà a più dimensioni. Il silenzio nel mondo d’oggi genera isolamento, paura, solitudine. C’è un silenzio del terzo mondo che urla, le cui genti sono in silenzio perchè esistiamo solo noi, perché sono obbligate a stare in silenzio, senza voce, senza volto, senza storia.
Alcuni momenti sono sognanti nel silenzio. I veri rivoluzionari non hanno il palcoscenico delle piazze ma vengono tutti dal silenzio. Gesù, trent’anni di vita e poi 40 giorni di silenzio nel deserto. Pensiamo a Paolo di Tarso che ha fatto i suoi tre anni nel deserto dell’Arabia. Potremmo pensare a San Francesco d’Assisi. Persone che hanno cambiato la storia le cui più grandi esperienze nascono dal silenzio. Le cose grandi vengono dal silenzio. Chi si immerge nel silenzio vive la creazione del primo giorno. Il silenzio obbliga a scavare, mentre di solito scivoliamo. Obbliga all’essenziale, all’unicità, come la poesia. I tre grandi libri fondamentali della vita sono leggibili solo nel silenzio: Cuore, Creato, Dio. Consiglio: fatevi 3, 4, 5 giorni di silenzio per recuperare il mondo. San Francesco, d’Assisi, fratello universale, il primo a lanciare un ponte verso i Musulmani, dove prendeva coraggio? Dal silenzio. Il silenzio obbliga a riconoscere, a ritrovare; si ascoltano le cose che sembrano non avere voce. Tutto prende un’anima nel silenzio. Noi non abbiamo perso l’anima. Dobbiamo solo ascoltarla. La solitudine è madre e custode del silenzio, che ci insegna a stare con noi stessi. Non sai stare con gli altri se non sai stare con te stesso, ma anche il contrario: non sai stare con te stesso se non sai stare con gli altri. Il silenzio ci aiuta a vivere il duplice movimento della vita. Non possiamo vivere continuamente a cuore aperto, occorrono pause. Il silenzio aiuta a cogliere ciò che vale. Alla fine facciamo tante cose inutili, perché non sappiamo cosa vogliamo. Non ci fermiamo ad ascoltarci, non ci ascoltiamo in profondità. Fermiamoci a prenderci cura di noi stessi! Ad alimentare la nostra anima, ad alimentare la nostra mente! Solo l’infinito riempie l’anima del nostro corpo. Tante situazioni di depressione sarebbero evitate. Ecco, il silenzio come spazio, come luogo dell’ascolto e della contemplazione. Incontro, ascolto, estasi. La Bibbia, maestra di vita, richiama l’uomo ripetutamente a due cose fondamentali, perché sia possibile poi il resto: al silenzio e all’ascolto. Il luogo del silenzio nella Bibbia è il deserto. L’imperativo è: ascolta! Una bella maglietta ad Assisi, poco tempo fa, riportava la scritta: “Dio c’è, ma non sei tu. Rilassati!”.  Bellissimo. C’è rumore in giro, e non abbiamo tempo di parlare. Parliamo con SMS, con bigliettini sul frigorifero, con messaggi vari. Parole e comunicazione. Reinventare insieme il silenzio, l’ascolto e la parola. Parole e comunicazione hanno bisogno di essere educati. Questa educazione deve essere “voluta”. Nessuno ci educherà a questo. In mezzo alla nostra cultura del consumo, della spreco, della corsa verso l’inutile, figurarsi se i burattinai che stanno facendo girare questa giostra stupida si preoccupano di farci fermare un momento. Quando l’ascolto è vero libera nell’animo qualcosa che stava nascosto. “Un giovane non parlava mai. Il giovane un giorno si è innamorato, un giorno ha ascoltato, ma ha ascoltato in maniera così libera e liberante, che ha liberato pure sé stesso”. Un ascolto vero genera nuova vita. Un ascolto vero fa sentire l’altro nella sua unicità, nella sua bellezza. Un ascolto vero fa giungere al cuore ciò di cui Dio stesso ha bisogno. “Io parlavo così perché tu mi ascoltavi”. “Io parlo da come tu mi ascolti”. ”Se tu mi ascolti parlerò meglio al tuo cuore”. Ascoltare per vivere la verità che è l’amore. L’amore bisogna accoglierlo e capirlo nel silenzio. Noi “facciamo” per apparire più grandi, ma quello non è l’amore. Comprendiamo come il silenzio e l’ascolto non siano altro che una grande lezione d’amore!

Quanto sopra è tratto dal convegno “Modalità diverse di ascolto della famiglia” tenutosi a Milano il 10 novembre 2007 all’Auditorium di via Pisani Dossi, 25.

Walter Visconti