ARTICOLI 2006 - 1° SEMESTRE

Vincitore del concorso “Miglior Vetrina Natalizia” –
“Bar Tabaccheria” di Sala Adelio in via Badia

Numeo 1-2006

 

Un barista con la passione del presepio. Chi l’avrebbe mai detto. Adelio è cultore di modellismo. È stato stimolato a mettersi a fare i presepi da un certo Francesco Bertini, assiduo frequentatore del Bar, con cui condivide l’interesse per il modellismo. Il premio dunque l’ha vinto per il presepio esposto in vetrina, semplice, sobrio, e ben costruito. Le statuine di legno sono vecchie, le ha comprate a Ponte di Legno vent’anni fa, adesso costeranno un occhio. L’attuale Bar di Adelio Sala si trova in via Badia a poche decine di metri più a nord e sullo stesso marciapiede dall’ex “vecchio bar del totocalcio” ormai chiuso da tre anni, e ne costituisce la naturale continuità, sia come caratteristiche, sia come clientela. L’ambiente è lo stesso, i discorsi sono gli stessi, le amenità le stesse: calcio (Milan, Inter, Juve), pensione (possibilità e prospettive di andarci a cinquant’anni), politica (critiche al governo in carica), e in più, se si può dire, con attesa e malizia, le immancabili soffiate sulle “pubbliche relazioni” della cittadinanza (quella non presente al Bar, ovviamente), e i giri di valzer lento che ti attendono, e complimenti che ti sfiorano, gli assensi che ti giungono. Tutto crea simpatia e alimenta il buonumore. Quando entri, per dei momenti le turbative se ne vanno, ti lasciano libero, fin tanto che resti seduto a consultare con calma il Corriere, o la Gazzetta, o a giocare la schedina del totocalcio. Ogni tanto è anche lecito esagerare; al Bar la gente facilmente digrada su ciò che pensa, e Adelio lascia fare, ma intanto controlla e limita, con discrezione, civilmente. Il signor Sala, come ha saputo dimostrarsi propositivo con il presepio, così lo è stato anche con il proprio esercizio. Il locale si presenta totalmente rinnovato, e si vede. Ed è più funzionale per i clienti, offre più comfort. Ma l’importante è che sia accogliente e familiare, proprio come eravamo abituati a gustarlo nella sua precedente versione, che, si può dire, è come se fosse stata superata dalla storia. L’unica differenza è che d’inverno non si notano più i vetri appannati delle finestre, e d’estate chi entra si ritrova in un luogo climatizzato. Il banco, disposto a semicerchio, è invitante, dà un senso di piacevole movimento al locale. Le tre luci delle vetrine assicurano spazio e ariosità. Vi si riconoscono tre ambienti principali: uno più prospiciente la zona della ricevitoria, adatto alla consultazione dei giornali, alle discussioni sportive; un secondo all’estremità opposta del locale, più isolato, adatto alla lettura e al relax; un terzo, delimitato da un sopralzo, rimane più intimo e appartato. Non manca la TV appollaiata, per chi, davanti a un aperitivo o a un caffé non può tralasciare di dare un occhio alla cattiva maestra.

Il signor Adelio alla fine riparla di presepi, poiché ne è un vero cultore; li visita ovunque, a Verona, a Ponte san Pietro, al Museo del Presepio di Dalmine, a Pozzuolo, a Groppello. Mi confida che è iscritto all’”Associazione Amici del Presepio” con sede a Roma.
Avanza anche una proposta: Istituire una mostra di presepi  nella chiesa dell’Addolorata per il prossimo Natale, che vada dal 15 dicembre fino al 15 gennaio, festa di san Mauro. A Gessate ce ne sono diversi e di molto validi nascosti in molti luoghi privati, - mi assicura - , che meriterebbero di poter essere visitati. La mostra durerebbe un bel mese, e verrebbe valorizzato lo spazio della chiesa dell’Addolorata, che si presta a questo tipo di eventi. Così si capisce come si è giustamente guadagnato il premio per la miglior vetrina natalizia.

Walter Visconti

 

 

 

Gruppo Artisti Gessatesi
Mostra di Natale - 17 e 18 dicembre 2005.

Nunero 1-2006

 

Si è svolta nei locali Stalun, in via Cittadella, la seconda mostra organizzata dal Gruppo Artisti Gessatesi. La Mostra è riuscita molto bene in quanto il numero di visitatori è stato alto e i commenti da parte dei cittadini intervenuti sono stati positivi. Anche la collocazione nel locale “Stalun” è stata indovinata. Vale ribadire che questo Gruppo nasce anche per volontà dell’Amministrazione Comunale. Vorremmo che si affermasse come necessità e vanto per Gessate, e che progredisse sia nella qualità delle opere sia nel numero degli aderenti, tenendo sempre presente lo spirito ispiratore che vuole essere, per l’artista, l’esclusività del gusto dell’esposizione, per il cittadino, il compiacimento di poter aderire ad eventi di qualità. La raccomandazione è che tutto venga inteso in modo positivo. Il bello del gruppo è anche l’amicizia che si crea.
Vale dire che questo gruppo riunisce già diverse personalità di notevole valore espressivo.

Vengono tracciati brevi profili degli artisti presenti alla mostra.

Luisa Necchi.  Agli inizi prediligeva la pittura: olio su tela. Amava raffigurare situazioni d’interni, trasmettere ciò che provava attraverso rappresentazioni di personaggi poveri. Viene attratta da cortili vecchi, da biciclette arrugginite, anche da paesaggi ma sempre in spazi ristretti, dalla  persona e dalla sua miseria, insomma da situazioni di povertà, da ciò che è strapazzato, ammuffito. Da 8, 9 anni si dedica alla pittura su porcellana. Lo splendore della porcellana dipinta rappresenta per lei un sogno infinito, da rincorrere sempre. Si usano colori a polveri e anche acquerelli, che danno effetti di maggior trasparenza. I colori vengono assorbiti attraverso varie cotture, di solito tre, a diverse temperature, a seconda dei colori da fissare: i marroni e i rossi non oltre i 740 gradi, mentre per i blu si arriva a 800 gradi. Inoltre le cotture trasformano i colori. Insomma le variabili sono tante. Questo tipo di arte la affascina. La complessità della tecnica richiede uno studio continuo. Non riesce ancora a coltivarla come vorrebbe. Questo fatto la fa soffrire e la stimola.

Iwona Potrac. Ha cominciato a dipingere i primi quadri a olio nel 1978. Ha fatto qualche mostra in Germania. Predilige i paesaggi e i fiori, con tecniche ad acquerello e olio. Sull’acquerello usa anche la china e i pastelli a olio. Le piace raffigurare l’anima della natura, sia con composizioni floreali abbozzate, sia con fiori inesistenti. Dipinge paesaggi con betulle del Nord-Europa impressi nella memoria dei suoi viaggi in Germania, Polonia, Francia. E poi ancora villaggi, colline, legno, fiori, tutti temi che non hanno bisogno di patria. Sono quadri che esprimono tranquillità, ricerca di un sogno non infranto dal risveglio, che continua nella sua essenza, di speranza, di didascalica proposta. Tra i quadri rappresentati alla mostra, che sono tutti inediti, anche un paesaggio marchigiano, vicino al mare.

Elisa Frigerio. Nasce con la grafica, poi affina varie tecniche accademiche. Ben presto viene attratta da un discorso di ricerca della sintesi e degli accostamenti. «Giochi, sbalzi, trasparenze. La forma non interessa più. Ognuno deve conoscere sé stesso, la sua meta, per poi cambiare, raggiungerla. Tutto è disciplina. È una cosa molto emozionante; è quello il fascino. La pittura richiede delle scelte. È un fatto anche educativo. Sintesi, pulizia. Si utilizzava molto la grafica nella Pop-Art, poi è cambiato tutto: profondità, armonia, sezione aurea. La scienza affascina l’arte e la influenza. Conseguenza: togliere dal quadro ciò che non serve». Elisa è associata al laboratorio “Giallo Ocra” di Cassano d’Adda e all’associazione “Artisti del Quartiere Garibaldi di Milano”. Progetta e conduce vari laboratori artistici e/o centri diurni e sociali, spazi culturali ecc. Espone in numerose mostre di pittura e personali. Usa tecniche tradizionali quali: china, grafite, sanguigna, pastelli, olio, acquerelli. Predilige la ricerca artistica spaziando e sperimentando nuove possibilità espressive. Pittrice istintiva: «Il quadro lo devi sentire». Ama Cezanne, che giudica il precursore dell’arte contemporanea, l’annullatore della prospettiva “classica”. www.gialloocragallery.it

Vincenzo Corti. Pittura a olio su ceramica, a olio su tela, miniature su legno. Ama lo studio delle profondità, che rende con accurate riprese sovrapposte. Ha una visione incantata, ammirata della natura, che rappresenta con meticolosità e metodo, attraverso una pittura di stile manieristico. Dipinge spazi tridimensionali occupati da buie gallerie o lugubri anfratti appartenenti a giardini o boschi misteriosi, con piena capacità di assoluzione delle problematiche espositive.

Enzo Leoni. Pittore dalla personalità schiva e modesta. Il giudizio di sé appare oltremodo critico, e andrebbe perciò subito bilanciato con un giudizio esterno (oggettivo) altrettanto valido. Produce quadri che hanno spunti di indubbio talento. Dice che ha fatto cose più belle, più interessanti soprattutto verso i 25/30 anni. Può darsi che abbia ragione lui, ma, non lo prenderei proprio alla lettera. «La pittura iniziale ha avuto una prima evoluzione verso una fase di semi-astrattismo (ad es. dipinti sopra quadri non ultimati con effetti anche sorprendenti)». Nel passato ha avuto ampi periodi improduttivi. Dopo ogni pausa, per riprendere la mano usa il paesaggio. Pittore nostrano, vedi il dipinto con l’Adda a Gera con passerella in primo piano. Ammira molto Brugel, lo ha studiato a fondo. «Spero che il 2006 sia la culla di opere di maturità, che abbiano un grado estetico accettabile ma anche significati più profondi sia a livello sociale che pittorico»: Viste le capacità, lo speriamo anche noi. Lo attendiamo fiduciosi.

Roberto Villa. Artista versatile, molto considerato dai Gessatesi per la linearità e pulizia dei dipinti. Si adatta a comporre opere di vario genere. Ricordiamo il Villa degli uccelli, delle dame, delle tigri, dei santi, dei pontefici, della Gioconda, del Palio. Predilige l’olio su tela. Alla recente mostra abbiamo ammirato una scultura compositiva miniaturizzata delineante un villaggio medioevale con natività. Ha un carattere carico di vitalità ed entusiasmo. Attualmente è infervorato da un’opera commissionatagli di recente: una riproduzione pittorica dalle notevoli dimensioni che lo impegnerà per alcuni mesi.

Ezio Obizzi. Abile nella scultura e pittura lignea. Riesce a fare emergere figure da blocchi e tavole di legno. Ha lavorato anche su marmo. La filosofia di fondo è di non darsi troppa importanza. Adora recuperare materiali di scarto, principalmente legna, congiunzioni di rami, pezzi di tronchi d’albero, pezzi di cedro lavorato, avanzi di segheria. L’idea è di recuperare la vecchia tecnica del “pirografo”, che nelle alpi è usatissima e antichissima. Molte opere sono ispirate dalla forma stessa del reperto iniziale. «A un certo punto si vede la figura uscire dal legno ancor prima che ne esca. Bisogna aiutarla a uscire. In montagna, da solo, con il tempo a disposizione, e senza televisione. Il bello è quello». 

Oscar Visconti. Ama il disegno fin da bambino. Si definisce disegnatore, più che pittore. Cuore talentuoso. Disegna per scaricare tensione, per sentirsi libero. Esprime un tratto anche spregiudicatamente sicuro. Si forma attraverso ampi cicli evolutivi. Predilige il bianco e nero in simil china. Disegna incisive scene di movimento, che inducono a profonde riflessioni. Indica messaggi tumultuosi nelle pose di oggetti e nei gesti di persone e animali. Anche nella pittura a tempera dimostra accostamenti ricercati di tinte decise: sforzi e sfoghi nei colori. Si notano proposte di aperture e significati nelle scelte di evidenze particolari. Suggerisce vicende e avventure, nel segno incondizionato che lega la rappresentazione grafica alla comunicazione letterale o vocale. Nelle opere, continuando nella ricerca,  trova il mezzo per conseguire padronanza, auspicando nuove scoperte di sé e del mondo.

Roberto Cristina-Reggiani. Dipinge da circa 20 anni. Usa tecniche miste, in prevalenza china, acquerelli, acrilici. Pittore dal messaggio seducente e misterioso. Alcune rappresentazioni sono collocabili tra l’espressionismo astratto e informale, figure quasi incise, scolpite, inquietanti, con mobilità raccolta, tracce di movimenti immaginari, a volte violenti, a volte composti. Qui i colori sono decisissimi e rasentano la volontà di imprimere solchi o tracce indelebili. Altre prove, all’opposto, interpongono diafanità con lievi colori sfumati a didascalici frammenti di paesaggi incerti. Il tutto viene presentato con cura ermetica e studiata della composizione per liberare la volontà interpretativa del visitatore.

Rita Moretti. È pittrice da sempre, intendendo la pittura come vocazione e bisogno di sfogo interiore. Predilige la tempera su carta e su tela. È abile scultrice di statuine in cartapesta per i  presepi, di figure allegoriche per i carri di carnevale e per il palio del paese. Non ha praticato alcuna scuola: è dotata di fantasia e creatività. È geniale nelle soluzioni e possiede una spiccata manualità. Dipinge in casa non avendo un laboratorio. Non produce mai per vendere, bensì per il rione di san Pancrazio. Uno dei pittori preferiti è Van Gogh, di cui, in alcune composizioni paesaggistiche e floreali si nota il tentativo di emulazione, avvicinando appunto i caratteri dell’impressionismo, seppure mantenga una più chiara definizione nei contorni e nei colori.

Matteo Lausetti. È autore finissimo di gioielli, sculture, quadri e oggetti d’arte di vario genere. Alla mostra ha presentato in prevalenza pregiate sculture in lega argento-rame talvolta con parti in ottone, con abbinamenti di pietre preziose quali ambra, citrino, corallo, perle, giada, lapislazzuli, madreperla, agata, raffiguranti di volta in volta collane con inserti centrali di pietre o fiori scolpiti, sempre in argento-rame o in onice, ciondoli, nonché collane a drappeggi, bracciali e anelli. Le composizioni offrono sensazioni di trascendenza, distinguendosi dalla lucentezza dell’oreficeria più tradizionale, per trasmettere pienamente il senso di plasticità della modellazione, inframmezzata dai bagliori modulari delle pietre incastonate. www.lausetti.it 

Walter Visconti

 

 

Informazione e Comunicazione

Numero 2-2006

 

Informazione. Occorre dare il buon esempio in mille modi. Mantenere quelli  che già funzionano. In più metterne in pista degli altri, con incisività caparbia e capillare. Ma con discrezione, senza essere invadenti. Bisogna rispettare necessità e tendenze di ognuno. Per ottenere lo scopo ci vuole umiltà. L’informazione va fatta in modo gratuito e modesto, senza pretendere ritorni. La struttura divulgativa è un servizio, e come tale va assolto. Il premio consiste nella soddisfazione per la riuscita stessa del processo. L’informazione deve essere obiettiva. E questo è un punto dolente. Deve essere anche libera. E questo è un altro punto dolente, che può contrastare col primo. Accidenti! Ma quanti punti dolenti vi sono! Giusto! Il fatto che sia così difficile informare dimostra quanto sia importante e delicato comunicare.

Intendo dire che la notizia di un semplice fatto di cronaca, o del modo in cui si sia risolto un evento, provoca in sequenza un’emozione, una reazione, un ragionamento, una opinione, un giudizio. Quel giudizio che, ascoltando l’insegnamento di Gesù non dovremmo dare, ma che è, obiettivamente, difficile non dare. Quindi, a seguito di ogni comunicazione ricevuta noi elaboriamo una risoluzione. La nostra intelligenza ci induce a farlo. E il comportamento che ne segue resterà condizionato. Insomma ci sono talmente tante ragioni da far spavento che dimostrano che la comunicazione è una faccenda delicatissima.

Comunicazione. Avviene tranquillamente centinaia di volte al giorno. Le effettività della vita derivano dalle informazioni recepite e dalle espressioni trasmesse. Si può dire che la comunicazione è il bene più importante a disposizione del genere umano. Dalla semplice chiacchiera alla forbita conversazione, dal vocio sommesso agli eclatanti paroloni, dagli appelli demagogici alla posta elettronica via Internet, dalle semplici telefonate ai messaggi cosiddetti SMS, per fermrci qui, l’informazione passa da una persona all’altra con i mezzi più svariati che vanno dalla viva voce ai più sofisticati strumenti informatici. Un attimo. Si può dire che tutto ciò che sulla Terra acconsente alla vita si sviluppa attraverso la: comunicazione. Proviamo a pensare a qualcosa che non dipenda dalla comunicazione. Non troveremo alcunché. L’uomo, che… parla, si ingegna per trovare mezzi sempre più veloci, potenti, persuasivi, onde trasmettere il pensiero. Ecco sorgere la scrittura (l’alfabeto, la stampa, i libri, la lettura); la musica (le note, il pentagramma, gli strumenti, la composizione, l’esecuzione); le immagini (pittura, scultura, parlando di espressioni figurative analogiche, la multimedialità, considerando la tecnologia del digitale). Le forme primarie di comunicazione menzionate (parole, suoni, immagini), subiscono un costante sviluppo a causa dei “mezzi” di divulgazione sempre più sofisticati resi disponibili dalla tecnologia: telefono, radio, televisione, posta elettronica, internet.

Walter Visconti

 

 

Globalizzazione: quale? Il dialogo è aperto.

Numero2-2006

 

Globalizzazione, dimmi, cosa sei?  È inutile girarle in giro cercando di osannarla o di denigrarla. Innanzi tutto occorre studiarla, comprenderla, definirla. Definire la G è un’impresa assai ardua. È possibile cercarne la definizione su un buon dizionario aggiornato, ma poi rimarremmo egualmente delusi. Perché? Perché le definizioni di G possono differire di molto, dipende dai punti di vista con cui la si guarda e la si giudica. Un noto scrittore insegnava: per definire un vocabolo conviene prima concentrarsi sul significato, ricavarne delle sensazioni, infine descrivere a sé stessi tali sensazioni; dalla loro descrizione si trarrà lo spunto decisivo per definire correttamente il vocabolo. Nell’aprile 2002, in un convegno tenutosi al Cine Teatro don Bosco di Gessate sul tema “La Globalizzazione dopo l’11 settembre”, condotto da padre Gian Paolo Salvini, venne riportata la seguente definizione, elaborata dall’OCSE: La G è un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più dipendenti tra loro a causa della dinamica dello scambio di beni e servizi e attraverso movimenti di capitali e tecnologia. È una definizione valida, però è alquanto “tecnica”. Sono trascorsi più di tre anni da quell’evento. A che punto siamo?

La G sta condizionando la civiltà fino alle estreme conseguenze, sia positive sia negative. Essa monopolizza le attività centrali della società:  il sistema bancario, la gestione delle Compagnie, i grandi archivi, le comunicazioni. Tutto. Ma in ogni campo la G presenta delle contraddizioni. Informatizzazione: la facilità di divulgazione di dati contrasta con la crescente necessità della loro salvaguardia. Comunicazioni: la facilità di spostamento di persone, cose, animali, aumenta le possibilità di contagi, malattie, inquinamenti. Industria: la potenza dei programmi impiegati contrasta coi pericoli di black out. Commercio: aumenta la competitività e si riducono i costi ma aumentano consumismo e sprechi. Morale: grandi benefici, ma grandi pericoli. Oppure: effetti benèfici sì, ma legati a effetti deleteri. La G in definitiva si presenta come entità dal duplice potere: di assemblamento ma anche di frantumazione delle cose. La G si è rivelata (finora) un fenomeno inarrestabile, frutto della evoluzione tecnologica, che quindi è doveroso accettare, ma di cui bisogna saper sfruttare i lati positivi, e di cui occorre arginare quelli negativi. Il paragone con la Rivoluzione Industriale sorta in Inghilterra negli ultimi decenni del ‘700, che prese le mosse dalla produzione dei tessuti, sollecitata da una forte espansione della domanda, è facilmente proponibile. È l’ipotesi più attesa. Ma qualche autorevole filosofo ammonisce: la storia non si ripete. Ogni volta dà l’impressione di ripetersi, ma è un ‘finto’ ripetersi. In realtà è un proporsi nuovo, ingombrante, sorprendente. In tal caso si tratterebbe di stabilire come domare la G, come impiegarla, come sfruttarla.

Ma è proprio così? Insomma, la G è qualcosa di fantastico, di cui andare fieri o… “Si stava meglio quando si stava peggio”?
L’insegnamento dei modelli passati non deve trarre in inganno. Una corretta visione ha da essere sempre presente e purificata per mantenersi significativa e autorevole.
Ordunque! Giovani e meno giovani, che ne pensate della G? Il dialogo è aperto.

Walter Visconti

 

 

La grande nevicata di gennaio 2006

Numero2-2006

 

La perturbazione era annunciata. Iniziò a nevicare nella mattinata inoltrata di giovedì 26 gennaio, prima debolmente, poi quasi subito, con maggiore intensità. Alle due del pomeriggio un manto uniforme di alcuni centimetri copriva il panorama. La nevicata continuò per tutto il giorno. In serata si verificarono ingorghi colossali lungo i percorsi critici dell’interland milanese, con code chilometriche sulle strade. Intanto lo scenario di Gessate mutava lentamente e andava assumendo le forme incantate e melodiose delle favole fatate. Le larghe falde scendevano lente nella notte; la bianca e fresca coltre produceva una luce pallida e soffusa. Il manto cresceva inesorabile. La sua morsa uniforme, delicata, leggera, si chiudeva sui giardini, sui prati, sulle auto parcheggiate. La luce dei lampioni era velata, le ombre indecise e vellutate, le tenebre non erano profonde. I rumori restavano attutiti.

Il mattino che seguì sorse fiducioso; il chiarore si impadronì del giorno senza clamore e riconobbe ancor più a stento i contorni delle cose. Guardammo di buonora dalla finestra con ansia e curiosità. Tutto era sepolto ormai, le distese delle strade immacolate, senza orma (impronta) alcuna dei passaggi. Veniva voglia di correre giù a incidere per primi il fresco manto. I neri rami delle piante sostenevano in bilico la neve. Le reti delle siepi, le griglie dei cancelli, ogni esile forma aveva un cumulo in precario equilibrio su di sé. Nel mattino inoltrato di venerdì, a 24 ore dall’inizio, la nevicata continuava, ancor più fitta, intensa e regolare. A breve distanza la visione sfumava in una impenetrabile cortina biancastra. I fiocchi di neve sembravano riempire tutto. Lo spettacolo era maestoso, da ammirare, con rispetto, nel silenzio. Il traffico era quasi inesistente. La gente si spostava indecisa al centro delle vie, per non affondare le ginocchia nei cumuli addossati ai marciapiedi creati dai primi spalaneve. Si udivano le ruote delle rare auto battere il manto fresco coi cigolii delle catene. E sordi tonfi annunciavano lo schianto al suolo della neve caduta dai rami.

Proprio al culmine della nevicata, gli abitanti della zona a ridosso del metrò assistettero a un evento inusuale. Quel mattino udirono all’improvviso un tintinnio, in lontananza, prima lieve, attutito dai vetri doppi, poi distinguersi sempre più dai rumori abituali. Attratti da quel fruscio di campanelli e dal tramestio di passi, si affacciarono alle finestre, e videro un folto gregge procedere per via san Pancrazio. Le pecore, i cani da guardia, i due pastori, per brevi attimi sfilarono sull’inedito palco offerto dalla scena innevata, e la occuparono interamente; poi, così come erano venuti, sparirono nel nulla alla fine della strada, lasciando come traccia una distesa di neve smossa. Per tutto il pomeriggio di quel giorno, i fiocchi scesero abbondantemente; solo verso sera il fenomeno si attenuò, e finalmente cessò, dopo aver perseverato ininterrottamente per 36 ore. Solo allora il paesaggio smise di gonfiarsi.

Walter Visconti

 

 

Manifestazione Storica: Novità in vista

Numero 3-2006

 

Ci sono novità in via di sviluppo per quanto riguarda la Manifestazione Storica. È in fase di studio la possibilità di un cambiamento. Non si vuole abolire certo la recita della “disputa” col Bonesana, tanto cara ai Gessatesi. Però si pensa di dare spazio anche ad altre vicende di cui Gessate è per così dire “culla”, anche per dare un carica di novità e curiosità alla sagra del paese.

Paolo Leoni annuncia il progetto con grande entusiasmo. Si vede che è contento: «Ammetto che al primo impatto la notizia potrebbe suscitare qualche perplessità, ma confido che verrà accolta molto bene. Bisogna che i Gessatesi però si abituino all’idea». Mi incuriosisco sempre più e lo invito a spiegarmi tutto. Lo fa con grande disponibilità. «In pratica – mi spiega - il nuovo palinsesto passerà per la direttrice Beccaria – Manzoni. All’inizio (come inizio si intendono i primi anni), si pensa di evocare la figura di Cesare Beccaria, sia dal lato umano, sia come meriti letterari. I punti focali da sviluppare sono essenzialmente tre. 1) Discorso sulla figura del Beccaria come uomo. 2) Discorso sulla statura della sua opera. 3) Discorso sulla amicizia col Verri e sul viaggio a Parigi».

Continua: «I fatti, gli spunti, le vicende che si intrecciano e che forniranno il materiale per l’interpretazione teatrale sono tanti. E poi, approfondimenti, ricerche, proposte nuove verranno dai cittadini. Si vorrebbe portare questa innovazione nelle sagre del 2007 e 2008 in occasione della XX edizione. Poi, negli anni a seguire, si alternerebbero, di volta in volta, la rievocazione della disputa con i Bonesana e una rievocazione delle vicende del Beccaria. L’evoluzione naturale porterebbe poi a sconfinare dal Beccaria fino alle vicende Manzoniane, legate sia al Manzoni stesso, alla sua vita, ai suoi trascorsi a Gessate, sia al romanzo dei Promessi Sposi. Ma parlare di questa fase successiva è ancora prematuro. Meglio un passo alla volta». Insomma, questa è l’idea nuova. Che ne pensano i Gessatesi?

Paolo Leoni avverte che c’è da lavorare parecchio. Si cambia secolo, poiché si passa dal 1650 circa alla seconda metà del 1700. Occorrono nuovi costumi. Si devono studiare i carteggi, le lettere, documenti. Il materiale, disponibile in biblioteca, è notevole: ci sono dieci tomi messi a disposizione da MedioBanca. Il numero di persone coinvolte nelle recite sarebbe tra 15 e 18. Si tratta di un’innovazione non indifferente. Pertanto è meglio cominciare per tempo ad aprire il discorso sui vari passaggi di avvicinamento a questa nuova tappa. Ma bisogna farlo con pazienza, maestria, devozione, meticolosità. Intanto speriamo che quest’anno, durante la 35a Sagra, non piova.

Walter Visconti

 

 

Mondiali  di Calcio 2006– Un augurio per l’Italia

Numero 3-2006

 

Dal 9 giugno al 9 luglio: un mese esatto di calcio mondiale, di pallone puro. Per depurarci da tutte le forzature del calcio dei “club”. Il tifo di “club” ispira spesso rivalità, astii ingiustificati, sfoghi spesso rozzi, triviali. Dicono che i Milanesi (e circondario), tra tanti sport, capiscono solo di calcio. E hai voglia a sforzarti di dire che si cerca il bel gioco, la lealtà, che i gol sono tutto, che l’importante sono i giocatori. La realtà è: soldi tanti (per loro), stadi mezzi vuoti, pericolo di violenze, agonismo spinto ai massimi livelli, gente rintanata in casa davanti al video. Ma dal 9 giugno, per un mese, il calcio televisivo sarà giustificato. Occorrerà immedesimarsi in una situazione ormai anomala: una squadra composta da soli giocatori italiani; una rosa di soli 23 giocatori (e non di 35-40); un torneo intenso concentrato in un breve periodo. Tutte cose a cui non siamo abituati. Un piatto particolare, che assaggiamo solo ogni due anni (Mondiali ed Europei). Il torneo porta ufficialmente nome “Fifa World Cup Germany 2006”, ma a qualcuno di noi, sotto sotto, verrà spontaneo di chiamarlo ancora ed erroneamente “Mundial”, tanto siamo affezionali a quella parola ispanica dal lontano 1982 (da quando non vinciamo più il mondiale). È tempo di rinnovare i fasti, accidentaccio, e sarà la volta buona. Loro (i tedeschi) sono venuti pure a casa nostra a prendersi un titolo (nel 1990) e ora si trovano a quota 3 nelle vittorie dei campionati del mondo, a pari merito con noi Italiani. Ora, inchiniamoci pure al Brasile (che ha vinto 5 volte), a cui spetta giustamente il primato di nazione più forte del mondo, perché il Brasile è il paese calciofilo per eccellenza, e se lo merita. Dopo, però, viene l’Italia, e, perbacco, bisogna dimostrarlo. Primo, perché “Il Mondiale” si disputa in Europa e le squadre sudamericane non hanno mai vinto nel vecchio continente tranne una volta. Secondo, perché dobbiamo farci valere in territorio germanico per pareggiare il conto lasciato aperto a Italia ‘90. Così l’Italia arriverà a quota 4, e sarà la seconda squadra al mondo di tutti i tempi, dopo il Brasile. Tale impegno comporta una specie di turismo virtuale con cui sosterremo la nazionale: Inizieremo il viaggio da Hannover, per passare da Kaiserslautern, poi da Hamburg, e poi chissà, da Dortmund, Frankfurt, Munchen e infine Berlin. I 23 giocatori di Lippi possono farcela. La difesa è forte e attenta, il centrocampo è solido, sulle fasce c’è gente ispirata e grintosa, i rifinitori hanno qualità e potenza, le punte sono impetuose, qualche anziano di classe ed esperienza l’abbiamo, il portiere è una sicurezza. Soprattutto c'é la fresca novità in rifinitura che è De Rossi (in ogni mondiale ci vuole la rivelazione). Quindi siamo pronti e fiduciosi. Del resto non costa… esserlo.

Walter Visconti

 

 

Maxi schermo per i Mondiali di Calcio

Numero 3-2006

 

In occasione dei Campionati del Mondo di Calcio 2006, che si disputeranno in Germania dal 9 giugno al 9 luglio, verrà allestito nei giardini di Villa Daccò un maxi-schermo dalle dimensioni di 2,5 per 3 metri. L’intera struttura garantirà circa 80 posti a sedere al coperto. Un video proiettore, attraverso i canali satellitari di SKY, trasmetterà tutte le 64 partite dei mondiali. Gli orari di inizio spaziano dalle ore 15:00 fino alle ore 21:00. La finale inizierà alle ore 20:00 del 9 luglio.

Walter Visconti