ARTICOLI 2005

Finalmente il “Dialogo”   (Il nuovo Dialogo)

Numero 1-2005

Dopo lungo tempo il nuovo Dialogo si presenta ai Gessatesi. La libertà di esprimere parole, idee, pensieri, la necessità di essere informati sugli eventi rilevanti, l’esigenza di poter interloquire con l’Amministrazione Comunale, tutto ciò tardava ad arrivare, a risistemarsi nella vita della città. Il nuovo Dialogo propone una sfida importante: avviare un meccanismo funzionante che soddisfi le esigenze della popolazione, che riesca a metterla a suo agio, a farla sentire protetta, in qualche modo a responsabilizzarla e a renderla sempre più partecipe dell’evoluzione etica–territoriale.

I temi principali sui quali si svilupperà l’impostazione del giornale, oltre alla scontata “informazione” sono “la novità” e “l’apertura”. A questo punto è necessario che il Dialogo, attraverso la sua redazione e i suoi collaboratori appena entrati in scena, facciano alcune promesse, cioè si compromettano un po’ sulle scelte testé menzionate.

Primo: “la novità”. Il Dialogo vuole giustamente rinnovarsi. Per questo sceglie di uscire in veste colorata (su carta cloro-esente), con nuovi formati e dimensioni. Oltre fornire articoli di taglio convenzionale sull’informazione, ambisce a dare spazio e a offrire partecipazione a tutte le realtà presenti sul territorio. L’intento è di attivare proposte formative e di espressione ad ogni grado. La lista (non definitiva) degli spazi–argomenti proposti è la seguente: “editoriale e/o articolo di fondo”; “sommario”; “cronaca di un evento o trattazione di un argomento forte”; “amministrazione comunale” (spazio dedicato alle comunicazioni, al consiglio comunale, alle opposizioni, al dialogo con i cittadini); “relazioni sui consigli comunali”, spazio per la “politica locale” (interviste alle tre opposizioni); “spazio ecclesiale” (riservato alla parrocchia e all’oratorio); “cultura” (notizie della biblioteca, recensioni, sponsorizzazioni di eventi culturali); “associazioni culturali” (rubrica dedicata a tutte le associazioni sia culturali, sia sportive, sia sociali); “associazioni sportive”; “dialogando dialogando” (rubrica di notizie varie e spazi aperti: aneddoti, personaggi, ricordi e anche creatività, poesie, racconti, proposte…); “spazio ai giovani o spazio formativo” (temi sociali, mondanità, etica); “ecologia locale e generale” (ambiente, trasformazioni territoriali, agricoltura); infine “notizie utili” (riferimenti e indirizzi di interesse, orari, proposte e quant’altro…).

Secondo: come dicevamo, “l’apertura”. Questo è il proposito più impegnativo del nuovo Dialogo. In effetti qui è in gioco la credibilità e la buona fede del progetto. L’apertura va intesa come atteggiamento invitante, come offerta di partecipazione. Ad essa obbediscono norme non scritte: ossia i criteri della responsabilità, della tolleranza, della comprensione, della discrezione, della dignità, della gentilezza, dell’onestà. Il tutto sembrerebbe far capo e riassumersi nella modestia intellettuale.

La parola Dialogo, attraverso una ideale dichiarazione di intenti, viene interpretata come “apertura” verso tutte le componenti della realtà del paese. La speranza è quella di riprendere un discorso, anzi di approfondirlo, di migliorarlo continuamente, come è nell’ordine dei tempi, delle cose.

Walter Visconti

 

 

Il vecchio Bar del Totocalcio in via Badia a Gessate, ora non c’è più

Numero 1-2005

Un stufa a gas in un angolo affossato e marrone. Marroni sono il tavolo e le sedie. Marrone la porta e il bancone, e le mezze pareti rivestite. Marrone la scaffalatura con le bottiglie colorate degli aperitivi, degli amari, dei brandy e dei punch. Le birre sono nascoste, te le danno se le chiedi, subito, e ti porti il bicchiere al tavolo, dove ti compili anche la schedina. Ti puoi leggere la frivola e mitica (o mistica per molti) e voluttuosa “Gazzetta” (dello Sport s’intende), sì, quella additata a strumento di perdizione dal determinato e santo don Milani. Ti puoi anche sfogliare il Corriere, se lo trovi libero e sano sul frigorifero dei semifreddi. Alle pareti compare il poster pieno di rosso con la prima Ferrari mondiale del 2000.
Qualcuno parla della Ferrari con la moglie del Mister, che ride e se ne intende: dice che Shumi l’ha pensata; per scriverle una dedica l’ha pensata e ricordata. Con il nipotino in braccio convalida le schede e serve un caffè profumato e fumante.
La TV sospesa in alto sulla parete parla con voce inascoltata, irradia un programma pubblicitario nella tarda ora mattutina del sabato. Ora ritorna il Mister baffuto e veritiero a dir la sua, a sentenziare, a rivelare a un avventore presuntuoso e sapiente un segreto di calcio, o di ciclismo, una buffata sulla Milano-Sanremo, chi sa…, forse è importante. Ognuno sentenzia ciò che sente, ognuno interviene con vizio e umori alterni; talvolta fa pericolosi discorsi di sport, o discorsi grassi di mogli e fanciulle, per sfogarsi, per ridere un po’, per vivere una vita corposa e paesana. Pochi, o nessuno, bevono un bicchier di vino, sprecandosi nella commedia del giorno ancora a metà. Si vogliono incamerare più accenni per il tempo che resta. Ognuno,dal Bar dell’angolo, vorrebbe portarsi via una fetta di torta, dolce, gustosa, uscirne ancora masticandola per strada, nella fretta di dimenticare alcunché di importuno,ma anche nell’intento di non troncare il sapore dolciastro e gradito dell’essere. Da qualche tempo l’ho un poco abbandonato, accidenti! Non gioco più al totocalcio, ho dimenticato gli scudetti, ho dimenticato le vittorie delle squadre amiche. Guardi il calcio, aspetti il mondiale, aspetti la discussione,i diverbi, le gioie, l’entusiasmo, il vero tripudio dello sport; e prima dell’evento mi farò un giro propiziatorio proprio qui,al bar del Totocalcio, sperando nell’impossibile, perché lo sport deve dare l’impressione dell’utopia, del fantastico... altrimenti che sport è? Lo sport non è uno scherzo importante, è una seria facezia, tanto seria da meritarsi la gloria e gli onori altissimi, le fedi delle folle, i pianti dei figli, le ire, gli abbracci, le esultanze dei fratelli e della gente sconosciuta.
Il Vecchio Bar del Totocalcio, lo voglio ricordare così, come  quando nel 1994 vi andavo per giocarci le schedina del sistema dell’ufficio; e come seguitava ad apparire fino a pochi anni addietro nei freddi sabati del tardo inverno, prima della Milano-Sanremo.

Walter Visconti

 

 

 

Ricordo di don Giuliano, nel decimo anniversario della morte

Numero 2-2005

Negli anni che andarono dal 1990 a 1995, Gessate ebbe un ospite speciale, un Messia che entrava nella città da Re umile e vittorioso, con discrezione, ogni domenica mattina; si avvicinava alla Chiesetta di San Pancrazio, vi entrava, officiava la funzione, si immergeva nel caldo seguito dei suoi discepoli fedeli. La figura di don Giuliano Riva catalizzava le coscienze con un prorompente influsso di modestia e gentilezza, tramite una dialettica incisiva e lineare, dolce, affabile. Il suo avvento in San Pancrazio emulava quello di Gesù nella stalla di Betlemme; l’appropinquarsi dei Gessatesi alla chiesetta quello dei Magi alla natività. La sua vita per sommi capi è la seguente. Entrò in seminario a 15 anni, spinto da un’incontenibile vocazione; fu ordinato sacerdote a 22. Era nato nel ‘29, dunque fu prete nel ‘51. Ebbe la docenza di francese nel seminario in cui studiò. Si laureò in inglese e tedesco alla Bocconi con una tesi sul teologo e filosofo italo-tedesco Romano Guardini. Accolse con entusiasmo le novità del Concilio Vaticano II (‘62-‘65). Bisognava aprirsi! Ebbe un rapporto difficile col Cardinal Colombo negli anni della contestazione (‘68-’69). Si recò in Germania per approfondire gli studi in teologia. Ne nacque un libro, edito da EDB (’75), dal titolo “Romano Guardini e la katholische weltanschauung”: leggendolo si apprende una emozionante interpretazione del credo cristiano. È accolto dalla Parrocchia del Redentore a Milano. Instaura una profonda intesa col Cardinal Martini (dal ’79). Intraprende altri viaggi all’estero: Stati Uniti, Brasile, ancora Germania. È insegnante di tedesco all’ITIS di Milano. Agli inizi degli anni ’90, su invito del compagno di seminario don Primo Lompartini, parroco di Gessate, inizia a celebrare le messe nella chiesetta di San Pancrazio. La chiesa è sempre gremita. Un centinaio di fedeli si affezionano a lui ben presto, rapiti dalla soave armonia delle parole e dall’influsso di bontà e gentilezza emanati dal suo spirito. Nell’aprile del ’95 improvvisamente si sente debole. Sciupa le residue forze nell’assistere la vecchia madre ormai in punto di morte (immancabile il riferimento allo sciupio del dono, all’amore che non calcola, tema trattato la Domenica della Palme). Il 21 maggio non si presenta alla messa in San Pancrazio. Regna una strana atmosfera. I discepoli apprendono increduli della sua morte avvenuta il giorno prima, il 20 di maggio del 1995. Occhi lucidi e silenzio. Profondo scoramento. Infinita tristezza.

Ecco alcuni sprazzi del suo limpido pensiero: “Bisogna fasciarsi di silenzio e ascoltare”. “Santo è colui che paga le tasse, che non evade il fisco, che rifiuta la tangente…”. “La vera regalità si manifesta nel rifiuto della potenza”. “Ho bisogno di te. C’è qualcosa per cui voglio avere bisogno di te”. “Non ci può essere pace se prima non c’è giustizia”. “Quando contempliamo la distesa del cielo trapunto di stelle, e immerso nel silenzio, noi intuiamo qualcosa della sconfinata pace di Dio”. “Vivere vuol dire avere paura. Noi abbiamo paura di cadere nel nulla”. “La dissipazione è una specie di ottundimento delle coscienze per cui si vive da superficiali”. “Occorre combattere la ristrettezza di idee, o angustia mentale, introducendo lo straordinario in vesti povere, normali”. “I dieci comandamenti della legge mosaica sono soltanto indicazioni generali che descrivono un clima…”. “Tenerezza: bisogno di tenerezza. In una società arrabbiata siamo tutti bisognosi di tenerezza”. “Le tentazioni da evitare sono: i beni materiali, il miracolismo, il potere”. “Occorre avere ossequio, rispetto, venerazione per la donna. Fidarsi di lei e confidarsi con lei, perché ogni donna è capace di capire, di accogliere, di accettare l’uomo per quello che è”. “L’esperienza religiosa quando è malata di orgoglio diventa intolleranza”. “Gesù non è venuto a insegnarci la morale storica dell’indifferenza, o la morale orientale della serenità ad ogni costo…”. “L’amore dona gratuitamente, eccessivamente, irragionevolmente, seminando disordine dentro le nostre forme ragionevoli di vivere”. “Un dono è bello se è inutile, inutile tra virgolette, un di più, una cosa non necessaria”.

Walter Visconti

 

  

Manifestazione storica e “Palio del pane”: a ottobre la tradizionale rievocazione

Numero 2-2005

Vengo accolto con calore al primo piano delle scuderie di Villa Daccò dove ha sede il “Comitato”. «Siamo alla 17° edizione» esordisce con orgoglio il presidente Paolo Leoni. «La Sagra del Paese è invece giunta alla 34°. La manifestazione verte attorno alla liberazione dal “dazio dell’imbottato”. Essa rivive sotto l’impulso di documenti ritrovati dal compianto don Maurizio Bidoglio negli archivi di stato di Milano e degli studi dello storico del comitato Antonio Sapere, anch’egli purtroppo deceduto di recente. Il Palio del Pane è nato su una “questione” del conte Pirogalli che all’inizio si pensava basata su una tradizione orale, mentre invece abbiamo rintracciato un istromento del 1556 che recita: [… dell’onere di perpetua corresponsione di farina di bella qualità è dovuta ogni anno alla congregazione di carità di Gessate per ”legata” disposta dal dottor Francesco Pirogalli con atto in data 10 aprile 1556 nella misura di un quintale all’anno.]. In pratica ogni anno i contadini consegnavano prima alla Congregazione, poi ai Podestà, poi ai Sindaci, la farina che veniva poi usata per omaggiare tutti i residenti di Gessate di un panino di farina bianca il sabato vigilia della festa della Madonna del Rosario che cade la prima domenica di ottobre». Il presidente Leoni poi precisa: «Ma il punto di forza del “Comitato” è la “costumistica”. Abbiamo creato da tre anni il “Laboratorio del costume”, dove le sarte si ritrovano due volte alla settimana e confezionano costumi che sono autentiche opere d’arte». «Come è strutturata la vostra associazione?» domando. «È interamente autogestita; significa che non intervengono imprese esterne per i preparativi, i montaggi, i supporti tecnici, e questo è un grosso vantaggio in termini di costi. I contributi vengono dedicati all’arricchimento del patrimonio storico-culturale. La manifestazione ultimamente è itinerante: tappe in due cortili, all’asilo, conclusione sul sagrato della chiesa con il pronunciamento della la sentenza. Dall’anno scorso abbiamo introdotto una scena di apertura con due contadini e due contadine a rendere edotti gli spettatori di quello che avverrà; poi si parte dalla morte del famoso “Triulzi” che era un po’ il proprietario di tutto nella pieve di Melzo, e poi via via si snoda la vicenda…». «È un impegno notevole» ammetto con ammirazione. Poi, col mio silenzio lo invito a proseguire, e lui accetta di buon grado: «Vede, durante l’anno noi collaboriamo con altri gruppi in due momenti abbastanza noti: il primo è quello con la “Tenuta del Castello di Grumello al Monte”. D’intesa con “Ville e Castelli d’Italia” loro organizzano cinque cene storiche rinascimentali, a una delle quali partecipiamo con i nostri costumi, e ne abbiamo gran risonanza. La domenica dopo Pasqua ci uniamo ai Vignatesi. Loro celebrano la “Festa della Redenzione” che corrisponde più o meno alla nostra, come epoca, e lì andiamo con personaggi e costumi, oltre a collaborare tecnicamente. Si pensa ormai a un gemellaggio con Vignate, culturale e collaborativo». «È perfetto!» lo gratifico.
 «Ultima notizia: Il 2 giugno il “Comitato” ha partecipato ad Ascoli Piceno a un “Concorso Nazionale del Costume Storico” presso la Fortezza di Acquaviva Picena, con un prezioso costume femminile del tardo 1600 confezionato dal nostro “laboratorio”».

Walter Visconti

 

  

Vacanze contadine

Numero 3-2005

È tempo di vacanze. Siamo nel solleone di luglio. Si avvicina il mitico ‘agosto’. Sembra necessario ‘staccare’ per ritemprarsi. Ma dover ‘staccare’ per forza può rivelarsi uno stress anche maggiore. Perché per meditare e riposarsi non è necessario recarsi nel Nepal a quota 5000, volendo lo si può fare anche rimanendo a Gessate. Perché è la fantasia che apre il cuore, la coscienza che lo rinfranca. C’è pure qualcuno abituato a restare, o per tradizione, o per necessità. Specialmente le persone anziane, i contadini. “Lei è abituato ad andare in vacanza?”
“Vacanza? È una parola nuova per me. Vede, nel semplice fatto…”. “Prego continui”.
“Nel semplice fatto che noi anziani siamo qui da tanti anni e abbiamo visto le cose nascere… Non ci possiamo separare tanto facilmente dalla nostra casa, dalla nostra terra. Anche se non sembra, noi siamo affezionati alla nostra terra. Preferiamo restare qui, non abbandonarla mai”.
“Potreste andare due settimane in vacanza, nella Riviera Romagnola per esempio”.
“Dove vuole che andiamo, si creerebbe un tradimento alla nostra terra. Noi le vogliamo sempre bene. L’unica cosa negativa è che da qualche tempo qui innanzi l’orizzonte non è ampio come prima. Là è sorto un capannone. Là un condominio. Quando al mattino dalla mia finestra non vedo più la Grigna e il Resegone, questo mi dispiace”.
“È vero, da qui non si vedono. Però li vedranno chi abita le nuove case a nord, per qualche anno”.
“Vede, nel semplice fatto… che io mi trovo in mezzo alle nuove costruzioni mi dà una gran tristezza. Perché a me sembra di stare sempre più stretto in casa mia anche se nessuno mi dà la caccia o tenta di sollevarmi dal mio orto, beninteso. Però questo restringersi dell’orizzonte mi disturba. Io lo sento stretto intorno a me quando alla sera mi addormento al chiaro delle 8, e quando al mattino d’estate mi alzo alle 4 e lo ritrovo sempre lì, e quando esco e mi avvicino al mio orto per controllare le colture, allora mi dispiace che non vedo l’orizzonte più lontano. Mi sento chiuso dentro, come frenato. Ed è un bel dire che la case nuove ci vogliono. Guardi, nel semplice fatto… si potevano ristrutturare quelle vecchie, ce n’è tante… E i giovani ci andavano lo stesso. Lo stesso mio podere va a mille, e produce bene, frutta, pomodori, zucche, là c’è un po’ di prezzemolo, e lì la vite dell’uva fragolina. Venga, venga che le mostro. Qui siamo in un piccolo mattatoio, dove una volta si uccideva il maiale, è tutto pulito, c’erano i permessi, e poi si lavorava tutto. La mia vacanza è quella di curare l’orto, senza stare attento di continuare a vivere. Qui, dopotutto, si sta bene. Si passa la giornata, si sistemano le cose. Vede, nel semplice fatto…”.

Walter Visconti

  

Poeti a Gessate  
“ANIMA

Numero 2-2005

O mente aperta al canto
delle memorie, al tempo
che più vaghi i nembi il vento trascina
a sperdere il velo sulle oblïate
ricordanze, quanto trascuri, quanto
volentïeri abbandoni le pene!
Solo, traluce pauroso dal buio
profanato degli anni
il chiaro lume accetto
della riacquistata felicità.
La sfinita coscienza,
e bisognosa d’essere placata,
si fugge e si assicura
nella culla dolcissima di quelli.
O anima assopita, come desideri
furtiva ritrovare il vuoto posto
di sempre al corpo mio!
Là t’apre con pazienza,
che pure mai lasciasti a consolarmi.

Walter Visconti - marzo 1969

 

Il laboratorio del costume d’epoca

Numero 4-2005

 

Doris Wilms, chi la conosce non può perdersela. È una signora ricca di idee, esperta di taglio, costumista teatrale. Non è gelosa, è disponibile ad insegnare. È istruttivo vederla muovere le mani, osservarle come trattano i tessuti, che lei ama, come il suo lavoro. È lei che ha offerto lo spunto per la creazione di un vestito d’epoca del tardo ‘500 che si è imposto davanti a molti altri esemplari proposti anche da sartorie specializzate nel settore. E che dire di Rosanna, Angela, Luigia, Savina, Amalia, Vesna, Rosa? Sono i nomi delle Egregie Signore esperte di stoffe, cucito, che hanno collaborato al confezionamento del vestito classificatosi al 3° posto al secondo concorso nazionale del costume d’epoca. Denominato “La più bella del reame”. L’opera rispecchia un capo indossato da Anna di Spagna, figlia di Massimiliano, raffigurato in un quadro di Juan Pantoja de la Cruz.

«I vestiti non nascono mai da uno schema preciso, ma si creano man mano a seconda del parere di tutti», mi spiega Rosanna, e prosegue «anche in funzione del materiale disponibile, che spesso è frutto di donazioni: lenzuola per i sottogonna, tessuti donati da tappezzieri, o tagli pregiati rinvenuti dai cittadini in qualche soffitta. Cerchiamo prima di rispettare il periodo storico, lo stile e le finiture dell’epoca. Infatti i tagli sono uniti a macchina, poi tutte le passamanerie sono cucite a mano».
«Mi spieghi come avete iniziato a confezionare vestiti d’epoca».
«Abbiamo iniziato con abiti da contadino, una decina, con gilet e gonne, vestiti semplici, con esigenze limitate. Poi siamo passati ai vestiti nobili. Ne abbiamo confezionati 12 finora. Quello portato al concorso è il primo, il più elegante, quello che secondo noi “rende” maggiormente. Esso include anche componenti affettive, è il vestito che ci ha unito, che ha legato il gruppo, anche perché all’inizio le persone si conoscevano appena, poi sono diventate amiche».
«Così avete deciso di presentarvi con il vestito più caro e più amato».
«Sì, è così».
«Mi spieghi come si è svolta la manifestazione».
«Appena arrivati, ci siamo presentati per “staccare“ il numero di partecipazione. Assieme a noi c’era una Sartoria di Pavia che presentava un vestito con più di 1200 pietre. Altre sartorie presentavano importanti abiti scintillanti. Ci sentivamo scoraggiati, ma abbiamo proseguito con umiltà. Durante la vestizione dell’indossatrice,si è cominciata notare la validità del nostro vestito. Altri gruppi si preparavano al defilé con l’ausilio di parrucchieri e costumisti. Al termine della sfilata c’è stato un intervallo durante il quale 10 giudici, dislocati in posti diversi della sala in modo che non potessero comunicare tra di loro, elaboravano il loro verdetto. Quasi stavamo per dire all’indossatrice di andare pure a cambiarsi. Poi, finalmente è giunto il momento del verdetto. Il presentatore ha annunciato che sarebbero partiti dal 3° classificato, e ha detto: “Vince il 3° premio il Gruppo di Lavoro per il Comitato e la Manifestazione storica ed il Palio del Pane” di Gessate”, al che ci siamo guardati ma non abbiamo realizzato subito, non eravamo sicuri di aver capito bene, anche perché eravamo piuttosto lontani dal palco, quasi “relegati” come si suol dire, nelle ultime file. Il presentatore ha dovuto ripetere l’annuncio altre due volte, prima che l’indossatrice potesse riguadagnare il palco per la sfilata d’onore».
«Bello, meraviglioso, dico a Rossana, mentre scrivo queste note».
E lei conclude: «Ci siamo abbracciati tutti quanti. Eravamo emozionantissimi. Dovevo dirlo subito a qualcuno. Avevo promesso ad Angela che le avrei comunicato subito l’esito della premiazione. A metà telefonata si è messa piangere al telefono, poi è corsa a dirlo ai suoi».

Classifica ufficiale del concorso “La più bella del reame":

1° premio: Sartoria Meneghini di Foligno, specializzata in abiti/costumi d’epoca..

2° premio: Sartoria Daniele Gelsi di Gualdo Tadino specializzata in abiti/costumi d’epoca.

3° premio: Gruppo di Lavoro per il Comitato Manifestazione Storica ed il Palio, di Gessate

Scheda tecnica del costume di sfilata del Laboratorio di Gessate:

Periodo storico:           1580-1600

Foggia:            Spagnola

Riferimento di classe: Nobile

Tessuti Utilizzati:
            Velluto e taffettà nero
            Organza lavorata con velluto e oro
            Organza bianca per il collo
            Passamanerie
Velluto nero e tulle oro per il copricapo.

Walter Visconti

 

Concerto d’Autunno,  
15 ottobre 2005

Numero 4-2005

La folla silenziosa s’avvicina alla chiesa, inquieta, impaziente di udire l’anima fasciarsi di mistiche armonie, come promesse puntuali, mantenute, come amichevoli intese a cui affidare speranze e da cui aspettarsi rassicuranti parole. Vuol sentire la corale sussurrare. Dopo, avvertirà un senso di fierezza e convinzione.
I cantori, i maestri e l’orchestra lì presenti si son preparati con cura e dedizione, ed attendono l’esame.
Tutto è pronto. La cupola absidale illuminata a festa rifulge di colori. Confido in una gran serata. Ogni anno è un fuoco sempre vivo, qualcosa in più trascende: un impegno maggiore, un incremento di qualità.

Prima Parte. L’anima musicale di Mozart suggerisce un brano frizzante: l’Ouverture dalle “Nozze di Figaro”, per sola orchestra. Evoluzioni, riprese e stacchi imperiosi; fraseggi delicati, in una esecuzione perfetta dell’Orchestra Sinfonica di Gessate magistralmente diretta dal Maestro Pierangelo Pelucchi; è un assaggio concreto e deciso, salutato dai primi applausi generosi.
L’attesa è per la corale, condotta durante l’anno con somma dedizione dal Maestro Costante Ronchi: un’interpretazione sublime dell’”Ave Verum Corum”, scritto da Mozart un mese e mezzo prima di morire. L’esecuzione è impegnativa, riesce estremamente delicata e soave, comunica sensazioni di pace e grandiosità. L’anima musicale del grande compositore avvicina all’essere divino. È un invito al direttore artistico a farcela riascoltare quanto prima. A seguire, il Laudate Dominum, sempre di Mozart: introduzione orchestrale, poi entrata solenne del soprano Sandra Vanni, melodia dolcissima, dialogo tra coro e voce sola, eccelsi virtuosismi vocali. Grande apprezzamento finale del pubblico.
Si passa a Salieri, stimatissimo maestro italiano, con tre brani tratti dalla messa n°1 in re maggiore. “Gloria”, “Credo” e “Santus”: subito una acclamazione al suono di trombe, poi spianata di osanna. Clarinetti e coro ai massimi espressivi, con interventi del soprano, del mezzo soprano e del baritono.

La Parte Seconda del “Concerto del Cuore” ci riserva in primis l’Ouverture dal “Guglielmo Tell” di Rossini. Apprezzato assolo di violoncello del maestro Macrì, poi un possente incedere d’orchestra a figurare l’ineluttabilità del destino, poi l’investitura del cielo alle tremolanti note del corno inglese a cui fa eco il flauto, come preludio alla fantastica cavalcata di chiusura. Soli, coro e orchestra per il “Finale” sempre dal “Guglielmo Tell”: musica grandiosa, qui eseguita veramente col cuore; un intreccio ardito di voci e suoni, come un fiume in piena traboccante in mille rivoli di emozionanti vivide proposte.
La conclusione del Concerto è riservata alla “Cavalleria Rusticana”, di Mascagni, rivisitata in quattro momenti. Il “Preludio”. Entrata di violini, poi il crescendo, quasi un’attesa, infine un’esplosione. Voce del tenore fuori scena nella celebre “Siciliana”. Infine, ripresa e conclusione: sulla piazza della chiesa rimane solo Santuzza. Tema mistico. Tragedia incombente. A seguire “Gli aranci olezzano”. Brano fresco, primaverile, gioioso, luminoso: è Pasqua. Inizio di campane, andamenti ondulanti tra orchestra e violini con raccordi immediati. Delicati fraseggi del coro. Le voci femminili si intrecciano con le maschili in clima festoso, inneggiano in ambiente agreste, idilliaco. I coristi raggiungono il massimo espressivo. È la volta dell’attesissimo ”Intermezzo”. Brano di delicatezza infinita. Dominano i violini. Nenia tristissima e struggente, melodia nostalgica, a voler elargire amore e clemenza. Si protrae imperiosa in un delicato insistere. Infine “Inneggiamo al Signore”. Qui Sandra Vanni dialoga magistralmente con il coro. Si termina con un’apoteosi finale di voci e orchestra. Applausi, applausi.
Dopo i bis d’obbligo arriva il brano di chiusura con i solisti inseriti nel coro: l’immancabile “Alleluia” dalla messa di Hendel. Tripudio generale e un Arrivederci!

Walter Visconti

 

 

Nuovo Gruppo Artisti Gessatesi

Numero 5-2005

Sabato 29 ottobre si è tenuta presso il locale “Stalun” una prima riunione della costituenda Associazione Artisti Gessatesi. Alla riunione erano presenti il promotore dell’iniziativa Guido Baroni e i primi aspiranti soci del Gruppo. Alcuni pittori sono conosciuti per aver esposto opere già in precedenti manifestazioni sia Gessate sia in altri ambiti. Ha partecipato anche l’Assessore allo Sport e Cultura Matteo Magnifico. Il Gruppo nasce per riportare l’attenzione su mostre non solo di pittura ma anche di altre arti. Il compito è quello di tenere vivo e animato il settore culturale di Gessate. Si vogliono dare al Gruppo gli spazi e gli strumenti per riuscire in questo. Si penserebbe di aggiungere degli allestimenti permanenti nelle due aule dello “Stalun”. L’iniziativa ha preso le mosse dalla mostra che si è svolta il 2 ottobre in occasione della Festa del Paese, alla quale molti hanno esposto in condizioni anche precarie, che ha fatto capire la disponibilità e la validità degli artisti. Per Natale c’è in programma una nuova mostra di pittura e/o oggettistica sempre allo “Stalun” nei giorni 16-17-18 dicembre. Gli artisti che per ora aderiscono al Gruppo sono: Paola Borro (Gruppo Giallo Ocra), Roberto Villa, pittore gessatese, Elisa Frigerio, pittrice gessatese, Luisa Necchi, pittrice gessatese, Oscar Visconti, disegnatore gessatese, Iwona Potrac, pittrce gessatese, Vincenzo Corti, pittore gessatese, Rita Moretti, pittrice gessatese, Ezio Ovizzi, pittore gessatese, Roberto Reggiani, pittore gessatese, Alberto Migliorini (Gruppo Artisatico Melzese).

Walter Visconti