ARTICOLI 2001

Motivi ad incastro

Sagra de la Paciarèla,
6-7 ottobre 2001

Il corteo compare a stento nella bruma velata in fondo al viale; l’incipiente passo lo dirige verso il destino all’ampia Corte, la Corte Grande così nominata, così inventata da pochi anni; propostasi a ricevere le nuove e future manifestazioni, ad accoglierle con enfasi dall’alto dei pennoni, arricchiti di stendardi antichi, dipinti coi colori degli storici rioni di Gessate.
L’incedere lento del corteo è scandito da un batter di tamburi, poi vengono i carri, addobbati e carichi di donne dorate sulle guance, dagli occhi penetranti, che se le guardi fisso son pronte a far riecheggiare in te lo sguardo senza lanciartelo, standosene ferme, recitando caute la loro parte. Quando l’elemosina del Palio si conclude debolmente, nella piazza agghindata e predisposta, soffici pensieri accorrono alla stralunata gente riunita e desiderosa ‘di chi sa cosa’. Ecco allora l’alveolare abbozzo delle gesta antiche, dimentiche, confuse nel tempo, nascoste nei meandri del passato; tentano di farsi luce debolmente, in una luce sbiadita, malinconica, defunta.Alcunché di occulto e di sfinito tenta di uscire dal profondo di un buio annoso, con tremori e paure. Chi vi assiste non crede alle vesti, né ai costumi. Siamo noi, così mascherati dal gusto amaro del vecchio, siamo noi nel tentativo di risorgere, riuscito?
L’avanzata metodica del corteo, l’applauso indeciso della gente (gli sguardi curiosi, indagatori, volti al vicino travestito, ansiosi di scorgere un difetto), di gente avvezza alla custodia dei segreti, all’esumazione dei ricordi; mentre i segreti andrebbero svelati e i ricordi custoditi. Perché gli sfilanti, beati e sorridenti, non diventano tristi e malinconici per poco? Ma è meglio stare beati e sorridenti o tristi e malinconici? «Entrambi gli stati, all’uopo delle cose» dicono i sapienti. «Come ti va? Come ti senti? È importante che tu sia» dice l’amico che l’ha saputo da un bene informato di questioni, e non ignaro di sentimenti.
Il vero Palio, il più “paciaréloso” che vi sia, si conclude alla Corte, alla Grande Corte di Gessate, tra i volti pensierosi e gli sguardi indagatori, tra una manata e un arrivederci, con l’occhio vigile ai presenti, a veder chi s’aggira tra la gente nella piazza. I vessilli se ne scendono, e ogni complimento è già sprecato, al vicino, al conoscente, all’invitato, all’ospite d’onore.
Alla moglie dell’amico siciliano, venuto con passione, se ne chiede un gesto, un conto, e dice: «Bene, m’è piaciuto, le tradizioni m’appassionano, i costumi m’incantano, le fedi antiche m’abbrividiscono.
È questa la ricerca affannosa della storia. Ogni istante di essa rivissuto non è perso». All’altro, di Lombardia, venuto da Abbiategrasso, con curiosa ‘verve’ di critica e tenzone nella pelle, domando: «Come t’è parsa la sfilata?» E lui risponde: «Oh! Notevole, e sobria la festa di colori, e le menate dei costumi, e gli ottoni a fiato, e l’inscenata tutta». Ultimo, il giovane amico avellinese, - ué, guagliò, che fai accussì? - invitato con la ragazza bellissima e sapiente, non s’oppone al commento colto ed ossequioso: «Un fatto per me nuovo e sconosciuto, gradito ed ammirato, che t’apre una finestra sull’altrui mondo, per riconoscerlo e apprezzarne le diversità».
Sulle piastre lucide di pioggia, s’allinea la modesta gente, fiera con poco, e giunge alla Corte nelle fila ondulanti e rarefatte ad incitare la ‘commedia’ del processo.
Con grande pompa, lingue di fuoco nere e minacciose sul giallo dei vessilli, avanzano annunciate da un rullo di tamburi. Giunte al cospetto della Corte, un ardito sbandieramento mostra il vezzo di tre leggiadrissime coppie di giovani vestiti d’oro, di nero e di rosso.
Dinanzi al palco, sotto i pennoni spogli, l’attesa è ora fra le gocce, e la gente si dirada e lascia spoglio il davanzale. Allora s’affrettano i tempi e ha inizio la commedia’, e per incanto la pioggia dà una tregua.

«Ora cominciamo a rivangar ricordi…»
«Ecco, è il momento…»
«Una voce sento già…»
(una musica antica, un coro di ricordi)
«Ecco…»
«Un tempo lontano…»
«Passavano le giornate…»
«La contesa…»
«Il palio…»
«In casa del Conte…»
«La disputa…»
«Come andrà a finire?»
Trecento anni fa, scarsi di cibo e denaro, si lavorava senza orario. Il feudatario succhiava. Fu così che i paesani si dettero a muovere contesa…
«Benvenuto avvocato…»
Ecco l’inizio attaccato da Nino, senza emozione, il mio vicino, ed ecco il suo primo bicchiere sorseggiato appena dopo 1’e 30’’.
Ah! L’avvocato Sovico! Ma sì, è Ronchi, lo conosco…, Maestro del coro.
«Il Conte Malesani… è ricco…»
«Qualche speranza l’abbiamo»
Era il 1685. Alla fine i paesani divennero protagonisti, e ricevettero del pane.
«Il conte Bonesana… ecco le sue ragioni».
Al ‘silenzio, entra la Corte’… un rullo di tamburi… squilli di trombe...
Bella e decisa la recita finale!
Nino si congratula con Ronchi, e beve un altro sorso, il quarto per gradire (anche Costante beve, se ne intende).
Gessate 15-10-2001

Walter Visconti

 

Motivi ad incastro

Concerto d’autunno,  
20 ottobre 2001

Davanti alla facciata illuminata della chiesa, sul selciato lucido di pioggia, i solerti Gessatesi sostano impazienti nell’attesa dell’evento, come a una prima alla Scala.
Il «Concerto d’Autunno» apre la stagione vitale del paese. Ecco… finalmente siamo pronti! Da qui inizia un nuovo anno di fatiche e di speranze; per tutti, per noi che resteremo fedeli ai sogni, agli inviti e alle premure, consuete e previdenti.
Ecco…, si entra. Due imponenti arpe troneggiano silenziose accanto alle sedute vuote dell’orchestra. Strisce di velluto blu attendono sull’altare le corali. Il ‘Pater noster’ della cupola absidale è illuminato a giorno e a lui si elevano maestose le argentee canne.
È un anno speciale. Tanti sono i genetliaci: è il decimo Concerto d’Autunno; 15 anni per la Corale di Gessate, 25 per quella di Capriate; è il centenario verdiano, e il programma è dedicato al Gran Maestro.
È il 50° di Sacerdozio di Don Primo. E vi saranno regali, lodi e sorprese. I 120 coristi entrano sommessamente e si dispongono sui gradini dell’altare. L’orchestra sinfonica ‘Gaetano Donizetti’ si insinua lenta a prender posto. Dopo l’applauso al direttore Giacomo Mologni, inizia la Prima Parte del Concerto con la Sinfonia da ‘Giovanna d’Arco’. Subito s’impone l’enfasi verdiana, e via via lo sviluppo con gorgheggi melodiosissimi di flauti. E l’orchestra a dialogare sicura. Il brano viene eseguito magistralmente, e trascina il pubblico vigile ed attento. Si conclude in gran trionfo. «Se la partenza è questa…» è il commento del presentatore!
Poi è la volta dell’’Ave Maria‘ da ‘Otello’. Attacco dolce e garbato. I violini accompagnano il soprano Sandra Vanni lungo l’ardito percorso, intonato con voce magica e divina: una preghiera di grande effetto.  Il brano a seguire è la tesi di laurea per l’orchestra e per il coro: il ‘Te Deum’ scritto proprio per doppio coro con orchestra, grido di dolore di Verdi alla fine dei suoi anni: musica maestosa, complessa, dai toni supremi e definitivi, dialoghi profondissimi e altisonanti tra orchestra e corale. La apocalittica difficoltà viene affrontata con tenacia e coraggio, e superata gloriosamente con impeto e fierezz a. L’armonizzazione delle voci è perfetta, la spiritualità della musica è divina.
Il finale è di una incandescenza ‘bianca’. Applausi interminabili. Interviene Don Enzo con un augurio concreto e motivato. Gli viene assegnata ufficialmente la ‘Presidenza’ della Corale, succedendo a Don Primo, che ne fu l’iniziatore.
La Seconda Parte  si apre con la sinfonia da ‘La forza del destino’. È un Verdi maturo, dalla stagione eroica, di San Pietroburgo. Impeccabile l’esecuzione orchestrale. Poi è la volta de ‘La vergine degli angeli’, il notissimo brano sempre da ‘La forza del destino’ col soprano Sandra Vanni e il basso Claudio Zardo. Inizio con organo, poi dolce introduzione sospinta dai violini. Violini e organo a dialogare, come preludio. Soprano e basso si incuneano nel coro e lo sovrastano a vicenda. Gran finale. Un tutt’uno tra coro, orchestra, soprano e basso, con il pubblico amico e fedele ad applaudire intensamente.
9 marzo 1842, Milano… Teatro ‘Alla Scala’. Va in scena ‘Nabucodonosor’. La sinfonia è il pezzo d’apertura, impetuoso, amatissimo e fecondo, scelto per onorare Verdi e scuotere i cuori gessatesi. Battute di violini, di trombe, rullii di tamburi. Poi l’aria maestosa, dolce e malinconica si fa spazio ed anticipa la replica finale, che verrà, trascendente a rivelare a ognuno nuove sensazioni. Orgoglio e passione covano nei cuori per esser rilasciate nel non lontano avvento. Un applauso fragoroso, convinto, benedice l’atto fiero ed elegante. Segue un ulteriore collaudo per le due corali, impegnate in continui saliscendi nel brano ‘Gli arredi festivi’, sempre dal ‘Nabucco’.
Infine ‘cose sublimi’, normalmente sublimi, a tanto si è avvezzi quando s’ascolta ‘Va’ pensiero’, la musica più bella d’Italia.
Il tintinnio scandito in apertura è come il battito del cuore, come il flusso del destino. L’onda dell’aria mesta e generosa ti culla e ti assicura. «Arpa d’or…» è il grandioso ritorno alla speranza, il suo ripetersi… fino all’infinito delle stelle. La tristezza e il dolore scompaiono, si mutano in gioia e virtù.
Seguono applausi e apprezzamenti: al Sindaco e all’Assessore, ai Signori della ‘Buona Volontà’, ai fratelli Angelo ed Emidio Colombo, al Soprano Sandra Vanni, al Basso  Carlo Zardo, al Direttore Giacomo Mologni, all’Orchestra Donizetti, agli Organisti Paolo Giustinoni e Simone Giani, al Capo Coro Benedetto Formicola, ai due Maestri Costante Ronchi e Mario Cattani, ai 120 Coristi (provano due sere a settimana per dieci mesi all’anno), a Mario Ronchi il Presentatore…
Tutto deve continuare, instancabilmente, perché «l’Arte, - ci riporta il Sindaco Luisa Balconi a ciò che disse il Foscolo, - non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel presentarle con novità».
«Bravi, bravi, così l’ho pensato io» avrebbe detto Verdi. Così noi tutti siamo contenti, per noi, e per Verdi! Ecco il Bis! Sorpresa scontata: ‘Aida’, finale dell’atto secondo… Grande serata! Il 20 ottobre rappresenta per Gessate il 7 dicembre di Milano. Arrivederci!

Walter Visconti